Goad – La Belle Dame

Non fa nulla se cambi etichetta quando hai le idee ben chiare così come ce l’hanno i Goad che hanno deciso sin da inizio carriera di dedicarsi ad un genere di musica impegnata in tutti i sensi. Se ripercorriamo la storia di questa band sappiamo che il loro battesimo fu in balera, poi l’approdo al Festival dell’Unità e le cover di grandi artisti del periodo, dai Genesis ai Beatles, passando per i Cream che forgiarono la loro tempra. Più o meno con i Goad abbiamo fatto lo stesso percorso artistico musicale anche se noi ci aggiungiamo anche un po’ di rock ad alto volume come i Grand Funk Railroad, gli Humble Pie, i Mountain e così via…ma scusate non è di noi che dobbiamo parlare e, quindi eccoci qui con quest’altro grande disco che i Goad hanno realizzato sotto la nuova etichetta, la My Kingdom Music. Per parlare di questo disco ci siamo prima documentati andando a prendere uno dei testi su Keats che conserviamo in casa, poi scoprendo che il testo del poeta inglese ha diverse interpretazioni anche se raccoglie poi tanti simboli e metafore, abbiamo deciso di documentarci al meglio anche per più adeguatamente seguire quanto in musica i Goad hanno voluto tradurre. E così abbiamo scoperto che “la dama senza pietà”, a cui nessuno sfugge, rappresenta di fatto la morte, quella morte che un cavaliere non può evitare di seguire e, così a volte sono le coincidenze; infatti è proprio di questi giorni che abbiamo realizzato un nostro podcast sulla morte di Jim Morrison. Ma torniamo a La Belle Dame e al disco influenzato dalle letture di Keats come ispirato fu The Raven di Lou Reed, giusto per paragoni musical letterari che ispirano questa band fiorentina dalle grandi musicalità. Il disco prodotto dai Goad si apre con The Haunted Palace In The Poe’ Land che ci proietta subito in un’atmosfera alla Procol Harum, atmosfera capace però di trasformarsi in un battito alla Van Der Graaf Generator con una fantastica interpretazione di quello che è stato il grande rock degli anni settanta, un rock che nelle dita di questa band riprende quella vitalità tutta italica pur nel cantato inglese che non guasta. Qui i Goad, rispetto al precedente Landor, ma anche rispetto ai primi lavori, dimostrano di aver fatto un grande salto in composizione ed orchestrazione tant’è che The Haunted Palace In The Poe’ Land, apertura di La Belle Dame, è una fantastica ricerca di ritmi su cui depositare le trame della fantastica voce di Maurilio Rossi. Un disco come questo che è si dedicato ad un poema come Endymion di John Keats, è in realtà un percorso fatto di grande rock che dopo l’apertura procede con The Queen Of The Valley, un pezzo dove la maestosità di una musica che accompagna le voci non può essere descritta se non con l’ascolto. In realtà lo è tutto l’album dove al di là della storia, la musica è l’essenza che trasforma tutto in una suite dai movimenti che toccano i grandi generi del rock. Dopo i primi tre pezzi The Haunted Palace In The Poe’ Land, The Queen Of The Valley The Man In The Dreamland che introducono a La Belle Dame si passa direttamente ai tre movimenti, divisi in altrettanti parti, che generano di fatto l’opera musicale che i Goad ci presentano e ci offrono secondo una loro personale interpretazione. Di certo c’è in tutto una forte evidenza del pianoforte che dona sontuosità a tutto creando quell’atmosfera dove gli altri strumenti si intrufolano ciascuno secondo una partitura ben precisa. Accade però che alla fine a disegnare quelle atmosfere da grande disco è tutta la band che dimostra le qualità che possiede. Insomma Goad a tutto spiano anche qui, Goad che rendono grande la proposta di rock italico del quale ne andiamo fieri grazie anche alle tante altre produzioni che ci sono.La Belle Dame è un disco che ha bisogno di ascolto per essere interpretato e capito, un disco che più lo si ascolta più ci si accorge quanto grande sia, un disco che rende il giusto omaggio alla fantasia italica che genera sonorità di tal genere. È inutile qui sprecare ulteriori parole perché con La Belle Dame siamo di fronte ad un grande lavoro, un album che in tutto e per tutto conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, il grande valore dei Goad che con questa loro ultima produzione hanno fatto un notevole salto qualitativo nell’olimpo del nostrano prog rock italiano. Abbiamo bisogno di band così per essere sempre più all’altezza delle produzioni straniere ed in realtà di band grandi come i Goad ne abbiamo diverse, ma di band capace di unire musica a letteratura come fanno i toscani ce ne sono poche. Allora non perdetevi questa nuova avventura musicale, non lasciatevela sfuggire, ve ne pentireste.

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