15 Anni Di Germaniche Musiche Altre (1968-1983). Intervista Ad Antonello Cresti

Il mare magnum delle “musiche altre” espresse nella Repubblica Federale di Germania nel quindicennio preso in esame in questo libro (1968-1983), e spesso impropriamente definito come “krautrock”, è la plastica dimostrazione di come un fermento artistico “periferico” rispetto ai centri maggiori di diffusione, possa negli anni rivestire copiosa influenza allorquando riesca ad esprimere se stesso, sfuggendo da fenomeni imitativi o da complessi di inferiorità. La Germania ancora dilaniata degli anni di questa esplosione creativa ha saputo evincersi dalle proprie tensioni e difficoltà e crearsi un altrove espressivo possibile, conquistando un posto stabile nella mitografia dell’underground musicale del nostro tempo. Elettronica, jam rock, pura sperimentazione, etnica, jazz radicale e neocamerismo spirituale sono tutti tasselli di un pluriverso dai contorni affascinanti, del quale troviamo ampia trattazione in questo testo, che ripercorre le vicende degli artisti più noti, ma che, soprattutto, tenta di recuperare tutta quella produzione “minore” animata da centinaia di altre presenze creative, ed ancora stimolo e riferimento per legioni di musicisti. La materia è trattata nella maniera più inclusiva e trasversale possibile, evitando ogni sorta di classificazione troppo rigida. Per mantenere questo approccio trasversale e pluralista il testo in questione, oltre che le dissertazioni critiche dell’autore, comprende un ampio saggio introduttivo di Valerio D’Onofrio e Valeria Ferro, una serie di contributi diretti dei protagonisti della scena tedesca ancora in vita e dei forum di discussione specifici con esperti di ogni provenienza geografica. Qui la nostra intervista ad Antonello Cresti.

 

Raffaele Astore Fra i tanti movimenti musicali un posto d’onore è riservato senza dubbio al cosiddetto Krautrock, espressione, non molto gradita in patria, che identifica gli artisti tedeschi degli anni settanta e inizio ottanta.

Antonello Cresti Come ho cercato di esprimere nel libro, questa espressione, buona o cattiva che sia non riassume un calderone di proposte molto più vasto, ma può identificare tutta quella musica nata in Germania che – soprattutto nel decennio d’oro degli anni settanta – ha saputo costruire una propria identità, libera dai dogmi provenienti dalla musica angloamericana (soprattutto dal progressive britannico). Ecco, è qui, in questa non imitatività che risiede l’importanza di decine e decine di avventure nate nell’underground tedesco. E a queste ho dedicato il mio sforzo documentativo.

Raffaele Astore Non è facile delineare le coordinate artistiche di questo movimento, perché i gruppi che ne hanno fatto parte hanno proposto musica completamente diversa gli uni dagli altri. Si passa dalla psichedelia acida degli Amon Duul II, all’elettronica dei Popol Vuh, dalla musica cosmica di Klaus Sculze al jazz rock dei Kraan, solo per fare qualche esempio. L’unico fattore comune era la voglia di sperimentare e di creare un sound nuovo, diverso e molto freak, in effetti i tedeschi erano veramente dei gran freakettoni.

Antonello Cresti Come sa chi ha letto anche i miei testi precedenti per me la trasversalità di forme e di temi è un valore primario, dunque in questi casi in cui convivono musiche apparentemente tanto differenti il gioco sta nel rilevare possibili fil rouge, piuttosto che segnalare punti di rottura. Inutile dire che la sensibilità, l’urgenza espressiva che anima tantissimo rock underground tedesco è sempre la stessa. Ragioni storiche, sociologiche, come cerchiamo di spiegare nella ampia introduzione al testo, e necessità stilistiche. E pluriuso unum, mi diverto sempre a dire in questi casi…

Raffaele Astore La via germanica ha sperimentato un modo di fare musica che era anche a libertà espressiva, spesso con arrangiamenti scarni e ruvidi, con un cantato non troppo melodico, ma sempre con una grande ricerca musicale sottostante. E’ sempre Germania anche in altri generi che sono venuti dopo?

Antonello Cresti Una cosa che mi ha colpito, forse la vera e propria molla che mi ha fatto scrivere questo libro, è stato il rilevare quanto l’influenza di queste musiche sia stata capace di germinare ad ampio raggio: geograficamente parlando, senza dubbio, con fenomeni di “colonizzazione di ritorno” in cui a subire una influenza sono stati i mercati discografici egemoni, ma anche a livello creativo. Suoni e ispirazioni “kraut” negli ultimi decenni le abbiamo trovati davvero dappertutto dal progressive di avanguardia, all’elettronica, al gothic, alla techno… Quanti altri fermenti hanno avuto un simile spettro di influenza?

Raffaele Astore La classificazione di Krautrock generalizza una varietà musicale estremamente vasta comprensiva di molteplici umori: dall’improvvisazione collettiva, alla sperimentazione elettronica, dal free jazz, alla musica colta, includendo moltissime sfaccettature. Quali sono secondo te queste sfaccettature.

Antonello Cresti Seguendo la regola di privilegiare tutte le esperienze che hanno fatto della non imitatività la loro ragion d’essere espressiva, e eccettuando i grandissimi nomi che un po’ fanno storia a sé, direi che altri filoni di grande importanza, oltre a quelli che correttamente segnali nella domanda, possono essere quelli della musica etnica, nella sua essenza più meditativa come in quella più tribale, oppure le visioni dell’elettronica cosmica. E ancora certe deviazioni dal rock progressivo, oppure certe riletture del linguaggio folk, e ancora l’anarchia di certo teatro di agitazione politica. Davvero tantissimo…

Raffaele Astore Il krautrock  fu  un mezzo d’espressione alla ricerca di un linguaggio proprio, personale e unico. Lo strumento era soprattutto mezzo, tramite, fonte sonora, spesso utilizzato in modo decisamente poco ortodosso. Questo spirito di ricerca fu alla base delle prime sperimentazioni. Ecco la Vostra ricerca da dove è partita?

Antonello Cresti Temporalmente parlando direi che siamo partiti da quel punto di rottura tra beat imitativo (assolutamente prevalente fino al 1967) e inizio di una fase più sperimentale e aperta. Nel 1968, anno di nascita di alcune grandi formazioni di culto tedesche, ad esempio, vi sono un paio di album di “exploitation” che sembrano preludere a tutta la follia creativa che di lì a poco inizierà a sprigionarsi ovunque. Nell’arco di uno o due anni la ricerca avrebbe prevalso numericamente sulle forme standardizzate del rock… Un evento che dovrebbe far riflettere…

Raffaele Astore Il krautrock è anche ricerca elettronica che esprime in musica le inquietudini della società post industriale alienata e meccanizzata. Ad esempio i NEU, una delle formazioni pioneristiche di questo genere lavorarono su suoni ruvidi e martellanti in 4/4 che in alcuni momenti sembrano recuperare atmosfere di tipo frippertronic. Che legame può esserci tra krautrock e progressive? In fondo il periodo di maggior splendore è proprio quello degli anni ’70.

Antonello Cresti Personalmente tendo più a vedere una forma di distacco dal rock progressivo che una reale assonanza. Semmai mi sembra che la musica underground tedesca del periodo in questione sviluppi ed amplifichi certe intuizioni, troppo presto abbandonate, della psichedelia inglese ed americana immediatamente precedente (dal primo dei Pink Floyd a Twink, dai Red Crayola ai Silver Apples). E’ come se in Germania la rivoluzione psichedelica avesse avuto una onda lunghissima, capace di generare nuove combinazioni espressive.

Raffaele Astore Ash Ra Tempel, The Cosmic Jokers, Tangerine Dream, possono essere considerati artefici di un kraut cosmico che influenzò anche per certi versi alcuni passaggi delle carriere di altri artisti come ad esempio quella di David Bowie? Secondo te esiste un Bowie kraut?

Antonello Cresti Non credo. Nell’aria scorrono energie creative che – in maniera conscia o meno – possono affiorare negli ambiti più vari. Per Bowie ad esempio parlerei magari di una “estetica mitteleuropea”, ma compiendo il percorso al contrario c’era forse qualcosa di bowiano nella msuica tedesca prima della sua “trilogia berlinese”?

Raffaele Astore Nel vostro lavoro scrivete “Il tentativo di questo libro è operare una scrematura compiendo una selezione personale che renda in maniera particolarmente evidente il senso di una vicenda musicale, senza troppe deviazioni, privilegiando tutti quei lavori che hanno saputo evincersi da modelli preesistenti od espressi anche in altre zone d’Europa”. Ci spieghi meglio?

Antonello Cresti E’ il criterio della indipendenza, della non imitatività di cui parlavo prima. Secondo me non ha molto senso concentrarsi su gruppi che – pure in maniera brillante – abbiano ricalcato stilemi altrui. E’ molto più interessante andare a vedere come il rock sia stato via via rimodulato nei vari territori dell’Occidente. Avamposti realmente indipendenti, infatti, vi furono ovunque, ma mai nella enorme quantità rappresentata dal caso tedesco.

Raffaele Astore Quali sono gli elementi chiave per capire il krautrock? Nel volume in questione si accenna anche ai riferimenti lisergici perché n Germania in quel periodo l’uso di droghe aveva una forte crescita esponenziale.

Antonello Cresti La libertà. La volontà di trovare una terza via tra americanizzazione dei linguaggi ed una tradizione ormai compromessa dagli eventi del Terzo Reich. E’ qui, in questo cul de sac, che nasce la spinta vera alla emancipazione, che si nutre di stili e filosofie extraoccidentali, di radicalismi mutuati da Stockhausen e dalla Scuola di Darmstadt, certamente anche dalle droghe. Anche se questo non è un dato né esclusivo né assoluto per il mondo di cui ci siamo occupati.

Raffaele Astore Ascoltando diversi lavori krautiani ciò che si trova nei suoni sono ispirazioni di tipo ambient. E’ giusto parlare di krautrock come parte dell’Avanguardia che verrà?

Antonello Cresti Assolutamente si. La qualità profetica di queste musiche è una delle qualità più evidenti. Certo, tante cose sono legate all’epoca in cui furono partorite, ma non per questo non possiamo non rilevare un “abbassamento di intensità retorica” che ci ha reso tante intuizioni ancora palpitanti. Uno dei giochi che mi sono permesso nel testo è stato quello di dissezionare alcuni brani e far emergere punti di contatto totalmente trasversali e inimmaginati!

Raffaele Astore Visto che abbiamo citato Bowie, fino a che punto lo sperimentalismo di Brian Eno ha avuto a che fare con il kraut?

Antonello Cresti Similmente ti rispondo che non so in che percentuale Eno abbia dato ai Cluster e viceversa! Però direi che una affinità “filosofica” è evidente tra il musicista inglese e personaggi come Roedelius o Schnitzler.

Raffaele Astore Parliamo di uno dei gruppi che più mi ha colpito nella lettura del libro: i Guru Guru. Ecco, a proposito di loro scrivete che la band suona una musica meticolosa e raffinata con l’aggiunta di una inedita componente melodica mescolando con saggezza le influenze dei Pink Floyd, Jimi Hendrix e Frank Zappa e restando sempre in equilibrio tra R&B e il più lisergico acid-rock. Quindi kraut, psichedelica e progressive a braccetto?

Antonello Cresti Eh si. Hai detto benissimo. I Guru Guru sono l’anello mancante tra tutte  queste dimensioni e per questo – immagino – possano piacere ai rockettari! Poi da ricordare l’incredibile drumming “sciamanico” di Mani Neumaier e la straordinaria vitalità espressa live da questa formazione.

Raffaele Astore Parlaci di questo libro fatto subito di un’introduzione che stimola e di tante schede che sembrano scavare in lavori completamente dimenticati per riportare a galla il meglio del kraut rock.

Antonello Cresti I grandi gruppi ci sono tutti, ma mi piace pensare che ad essi si arrivi attraverso la conoscenza di quelle centinaia di lavori cosiddetti “minori” che danno il vero peso di una scena e che oggi sono di vitale importanza per ricostruire le dimensioni di una realtà davvero imponente in termini di produzioni e di qualità. Alcuni dei nomi che ho trattato non erano mai stati inseriti in un libro, altri erano stati colpevolmente non considerati. Mi auguro che “Solchi Sperimentali Kraut” possa servire ad innamorarsi di tanta musica ancora rimasta inascoltata!

Raffaele Astore Prossimi lavori a cui state pensando, o stai pensando?

Antonello Cresti Assieme al grande musicologo Renzo Cresti (che non è mio parente…) e al sociologo Stefano Sissa, sto lavorando a “La Scomparsa della Musica”, un testo di sociologia della musica dai risvolti molto politici. Ma i progetti sono tanti, e tutti in costante evoluzione  …

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