Gli Hate Moss danno il via al tour con NAN

Prima l’uscita promozionale con Peonia, il titolo del nuovo singolo estratto dal secondo album degli Hate Moss, poi il via al tour che è partito l’8 aprile scorso e quindi in grande lena verso l’atmosfera live che li porterà in giro oltre che in Italia in Turchia, in Spagna, in Gran Bretagna e tutto ciò per la promozione del nuovo lavoro NaN (/næn/) che significa Not a Number, una tipologia di dati che può essere interpretata come un valore non definito o non rappresentabile. Ma al di là di quello che il titolo rappresenta scientificamente, con NaN viene sintetizzato di fatto  il  tema principale dell’album interamente concentrato sull’alienazione che nasce quando la società tratta la vita umana come il risultato di un freddo calcolo. Con ciò, non siamo per niente lontani da una realtà che ormai ci aliena davvero considerato la prigionia che ogni giorno viviamo a causa di una tecnologia sempre più  avanzata che, ormai, ci ha sopraffatto. Capita anche con l’ascolto della musica ad esempio, anche se nonostante non ci siano più confini tecnologici resta ancora l’animo che ci accompagna agli ascolti a non essere sconfitto. Musicalmente il nuovissimo lavoro degli Hate Moss è legato alle più disparate scene elettroniche che qui trovano anche un’anima per i tocchi che il duo ha dato ai testi che proiettano alla mente autori di grande spessore che non nominiamo per non confondere le idee ma che vi invitiamo a ricercare con un attento ascolto di questo disco. Se prendiamo in esame alcuni dei pezzi che gli Hate Moss ci propongono, con l’apertura affidata a Neve si racconta la difficoltà del lutto e il senso di totale impotenza, passando per Pensar, brano in cui si sottolinea, grazie ad una musica più leggere, l’ingiustizia sociale e l’importanza del singolo nella lotta al cambiamento. Segue Dei buoni dei, un e vero proprio cazzotto nello stomaco: una storia tristemente comune sulle morti nel Mediterraneo, narrata ispirandosi allo stile dei trovatori con un ritmo frenetico. Sempre alla ballata, si ispira Eremita, che in maniera più ermetica rispetto ai testi precedenti, vuole sottolineare le difficoltà, sempre crescenti, che si riscontrano nel comunicare, a tutti i livelli tra singoli individui, tra culture, tra stati. Al tema dello scontro, si aggancia Birdaha. Qui subentra la fisicità del disaccordo: si racconta un episodio in cui alla fine di un concerto la richiesta di svariati bis, in turco per l’appunto Birdaha, si trasforma in pochissimi attimi in una rissa incontrollata, e quante di queste cose a volte ne abbiam visto sotto i palchi. Con Fog, torniamo in maniera più astratta ai temi dell’ingiustizia: questa volta protagonista è la società in cui viviamo, che ci sfrutta e ci controlla facendoci credere di star facendo tutto soltanto per il nostro bene, in una spirale infinita in cui ci è impossibile scegliere da che parte stare. Peonia è una canzone d’amore, in quanto sentimento imprescindibile dell’animo umano. Un sentimento così forte e puro, che nonostante tutte le difficoltà, ci porta a fare la cosa giusta.  La chiusura dell’album è affidata a Stupid Song. Il tema è il suicidio e nella canzone, che è quasi una parodia di sé stessa, si sovrappongono ritmi allegri a parole che cercano una fuga dal disagio, creando una situazione grottesca. Un disco che tra tante oscillazioni elettroniche sviluppa quel senso di riflessione su temi che ci riguardano un po’ tutti noi che siamo sempre alla continua ricerca di un’anima che sembra abbiam un po’ perso anche per colpa di quei numeri, algoritmi e dati che animano ormai del tutto la nostra vita.

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