Quando il rock divenne polvere di stelle – Part. II

Gli ultimi vagiti della Summer Of Love erano ormai un lontano ricordo sostituiti da quel nuovo modo di concepire musica che affondava le proprie radici in un rock sempre più elaborato. I variopinti volti dei giovani hippies erano quasi un lontano ricordo eppure, il rock stentava molto a darsi una nuova veste se non fosse che sulla scena erano arrivati gente come Marc Bolan, David Bowie e tanti altri. E questi ultimi arrivati, a differenza dei primi, non erano fulgidi sognatori come i figli dei fiori anzi, erano proprio loro a voler fuggire da quel mondo concependo un modo diverso anche nell’affrontarlo. E’ probabile che la genesi di tale movimento, come lo fu quello del glam rock, abbia pescato a piene mani negli stili musicali di personaggi come Chuck Berry e Little Richard che sono stati da sempre definiti gli artisti capaci di mettere lo speed nella musica di quell’Elvis considerato da sempre l’incontrastato re del rock’n’roll. E sono stati proprio questi musicisti che hanno spinto il rock fino all’inizio degli anni ’70 facendogli assumere connotati ben diversi da quelli prediletti dai figli dei fiori. Già, gli anni ’70  legati indissolubilmente allo scoppio di un ’68 che aveva aperto i cancelli alle contestazioni del sistema da parte di tanti giovani che proprio nel glam si ritrovavano anche come cultura sovversiva dove, alla base di tutto, c’erano il travestimento, i lustrini, ed appunto, il rock. Ed è proprio in questo clima che si proietta il nome di Marc Bolan che aveva dato avvio alla propria comparsa sulla scena nel periodo di quel Donovan artista inglese che si contrapponeva al menestrello statunitense Dylan. E l’importanza di Bolan per tutto il movimento che di lì a breve avrebbe assunto il nome di glam, si concretizzò sin da subito portandolo a produrre lavori di inestimabile valore sia musicale che politico perché furono anche uno schiaffo alla bigotta società inglese. Marc Bolan è l’artefice traghettatore di tutto quel rock immaginario della generazione sessanta alla efficacia di quello anni settanta, lui è il primo ad indossare lustrini e piume ed a giocare con l’identità anche sessuale, ambiguità che sarà trasferita in tutto quel glamour rock del periodo e che vedrà altri artisti seguirne le tracce, da Bowie a Lou Reed, dai Kiss, agli Slade e così via. Ed è così che quando nel 1971 arriva Electric Warrior, subito dopo T.Rex del 1970, tutto si ufficializza, tutto prende forma e diventa un mostro musicale mai estintosi completamente e che porta il nome di Tyrannosaurus Rex. Balzato al numero 1 delle classifiche inglesi, Bolan diventa l’idolo dei teenager dell’intero pianeta, così come lo diventa il suo modo di suonare che non ha nulla a che vedere con la sacralità di mostri quali Hendrix o Clapton, perché dimostra tutta la sua semplicità nella composizione delle musiche che diventano ben presto veri e propri inni e portando definitivivamente Bolan ed i T.Rex a staccarsi dagli stili degli esordi che pure avevano mostrato buone cose. Electric Warrior è una svolta definitiva per tutta la musica, non solo per il boogie o il glam, lì c’è tutta l’essenza di un rock con il quale è facile giocare pur realizzando ottimi pezzi che entreranno a far parte della storia. Ed il personaggio Bolan decolla e sfonda grazie anche ad un certo Bowie che con lui crea una sorta di dualismo con quelli che erano considerati, all’epoca, miti incontrastati come Beatles e Rolling Stones. Ma qui c’era di più che semplice musica, qui c’erano tutti gli ingredienti di un nuovo modo di essere, un modo al quale altri artisti di li a breve si sarebbero ispirati, e tra questi non vanno dimenticati gli Who con le loro opere rock, Rod Stewart o lo stesso Elton John anche se nessuno di loro ebbe il successo di vendita di singoli che Bolan aggiunse uno dopo l’altro alla sua carriera. Eppure, in questo disco che con il titolo ci fa pensare a quella sorta di elettricità guerraiola, si può dire che ci sia tutto tranne che quella elettricità che Bolan riverserà nei lavori successivi. Electric Warrior è un disco unico, fuori di testa, leggendario quanto basta a proiettare la band nell’olimpo del rock nonostante un personaggio, quale è lo stesso Bolan che sembra essere completamente fuori dal mondo perché riesce allo stesso tempo a far divertire il proprio pubblico oltre che a farlo sognare. E questo è anche il disco che anticipò di gran lunga la discesa sulla terra del marziano Bowie che nonostante si dichiarasse apertamente amico di Marc, ne soffriva intimamente per quelle innate capacità di dare tanto alla musica, alle parole, ed allo stesso “apparire in scena”, il marchio indelebile che indissolubilmente se ne andò via con la morte di Bolan avvenuta a causa di un incidente stradale. Ma c’è anche una cosa importante da non sottovalutare storicamente: Electric Warrior è quasi il de profundis delle sonorità hippie; qui la chitarra elettrica di Bolan è davvero protagonista in tutti i sensi come lo è la chitarra acustica che si intrufola tra i solchi di un disco che nessuno può permettersi di non ascoltare. Come si fa a non pensare a classici quali Cosmic Dancer dove colpisce il bell’arrangiamento tra corde e corno, o Jeepster o la bella Mambo Sun con quella voce tipicamente bolaniana. Non vogliamo qui procedere a recensire questo disco del quale magari ce ne occuperemo più in là, ma mantenendoci su questo racconto che abbiamo voluto tracciare, Quando il rock divenne polvere di stelle – Parte 2, non possiamo non spingerci oltre affermando che Electric Warrior è quasi il manifesto del glam rock, l’album che ha ispirato di fatto tutto il movimento che in lui si è incarnato, comprese alcune di quelle band che giungeranno nel decennio successivo come gli Oasis che si sono ispirati proprio ad Electric Warrios per alcuni dei loro lavori. Allora che il glam sia con voi …… Oasis a parte.

 

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