Un esordio da sballo quello dei ThëM con l’album Frames

‘Frames’ dei ThëM è la cornice vuota che ha bisogno di essere riempita, è lo spazio dell’inconscio che ha bisogno di essere capito e presentato agli altri, o al pubblico, così come avviene per questo disco dove c’è tutta la rabbia e la voglia di esserci di questa band calabrese che debutta sul mercato grazie alla Overdub Recordings. Ma quella corniche che compare sulla copertina, completamente vuota, me ne ricorda altre che avevo visto anni fa su uno dei capolavori della musica rock, vale a dire Pictures at an Exhibition degli Emerson, Lake & Palmer. Ma certo, lì è tutta un’altra storia mentre qui siamo solo agli inizi, ma il rock è anche ben diverso da quello degli inglesi perché qui, i ragazzi di Calabria si muovono su un alternative che poco ha a che vedere col progressive di altri tempi. E lo si sente già dalle prima battute iniziali con Blinded, tutto orientato com’è su un’alternative conciso ed essenziale; davvero un colpo di fulmine in apertura di un album che tra l’altro è anche un esordio. E se ThëM rappresenta estraneità ed intolleranza verso quanto ci circonda, il disco suona altrettanto rude, quasi una sorta di “reclamo” verso la società che sempre più si sta estraniando dal centro dell’universo, l’uomo. Lo dimostrano brani come Smart Pressure o il successivo Restless, quest’ultimo davvero potente per il riff che accompagna una voce che più arrabbiata non si poteva, e non poteva essere diversamente visto che il brano parla di irrequietezza. E se il vostro o il nostro posto sarà il purgatorio, proprio Purgatory si accompagna ad un rock da sballo, dove l’alternative ed il core sembrano sposarsi per prepararsi a filiare nuove e potenti trame di durezza. Quando arriva Fragments, il pezzo che dà il titolo all’album, si è già ad un punto da sballo notevole con il rock finora ascoltato che, bontà ThëM, non lascia spazio ad altro se non quello dell’elettricità ad alto tasso volumetrico. E mentre Sober sembra la calma dopo la tempesta, ma ci si sbaglia spesso in certi frangenti, con la successiva Ghost of Myself è sempre il rock di questa band del sud che dimostra di avere stoffa al punto giusto per un salto…oltre l’infinito. E mentre con Strong si assiste alla catarsi di Frames, un album di tutto rispetto, con Time ci si accorge di essere giunti al termine anche per la cadenza dell’intro che si dimostra “grande” ed entusiasmante, così come lo è stato tutto l’album che abbiamo ascoltato. Ragazzi, se questo è un esordio….ne vedremo delle belle!

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