The Cure – Entreat

Ci sono dei colleghi con i quali discuto spesso di musica e con molti di loro ci sono delle divergenze di opinioni che riguardano, in particolar modo, il fatto che purtroppo sono in tanti ad avere l’opinione che i dischi registrati in studio dimostrano effettivamente le capacità musicali delle band. Io invece ho da sempre sostenuto l’idea che solo le registrazioni live, senza nessun tipo di correzione computerizzata, siano in realtà la vera essenza e la dimostrazione di come la band sappia suonare. Prendiamo ad esempio questo mini album live dei Cure, Entreat, registrato dal vivo alla Wembley Arena di Londra nel luglio del 1989, poi elaborato e pubblicato nel 1991 per la Fiction Records: l’immagine che i Cure ci trasmettono con Entreat sembra quella di un fulgido periodo di decadenza che la band continua a vivere dopo la pubblicazione di Disintegration. Qui c’è un’aria eterea che la voce di Robert Smith trasmette grazie alla sua limpidezza, un’immagine che non è solo da vedere ma soprattutto da ascoltare. A prima vista potremmo dire che Entreat in sole otto tracce ripercorre la storia di Disintegration tant’è che i pezzi sembrano essere replicati nota su nota; tuttavia se l’album lo si ascolta più volte ci si accorge che le versioni alternative dei pezzi proposti hanno tutte un sapore di assoluta freschezza. E ciò ci fa anche affermare che Entreat è di gran lunga superiore al precedente live, quel Concert – The Cure Live del quale ce ne siamo occupati in una nostra precedente recensione. La registrazione complessiva comprende selezioni effettuate da tre concerti colossali di fronte ad un pubblico che ha fatto registrare sold-out e precisamente quelle che vanno dal 22 al 24 luglio 1989 alla Wembley Arena di Londra quando, con il tour Prayer i The Cure erano in giro per promuovere Disintegration. Certo è anche vero che Pictures Of You o Closedown non sembrano essere diverse dalle registrazioni di studio, ma il suono che propongono è emozionante e potente allo stesso tempo. Tuttavia, Last Dance, nonostante l’angoscia che emana mantiene intatta l’essenza trasmessa da studio migliorata però dall’aggiunta di un basso che gioca a dare maggior vigore al pezzo ed a tutta la musica stessa dei Cure che qui, sono semplicemente superbi. Fascination Street, grazie ache ai suoi effetti di sirena e la bellezza di un pezzo da incubo diventa la decantazione di una Londra suburbana grazie all’utilizzo di un sintetizzatore davvero geniale. Prayers For Rain è invece molto forte perché intrisa di un’atmosfera cupa come solo i The Cure sanno fare, e qui la chitarra di Smith oltre a distreggiarsi con un suono abrasivo è il sostegno ad una voce intensa che subito dopo, alla fine del cantato, si perde in una pioggia forse un po’ troppo prolungata. Entreat, che lo riteniate o meno è davvero l’album live che mostra cosa sono realmente i The Cure, un album ormai difficile a reperirsi data la ristrettezza del numero di copie all’epoca prodotte, ma potreste anche trovarlo ad un prezzo che è sicuramente esorbitante. Noi abbiamo la fortuna di avere nella nostra raccolta proprio questa prima edizione e vi assicuro che non è in vendita per nessun motivo. Qui, in  Entreat c’è la vera essenza di quello che la band è capace di rendere dal vivo, e non basta cimentarsi ad esempio con la versione deluxe del 2010 dell’album in studio che sostanzialmente è fatto di tracce che Smith ha remixato; Entreat è, per noi, un lavoro di sostanza, una produzione unica che rende bene l’idea di come, i The Cure affrontano, ancora oggi, i palcoscenici di tutto il mondo. Forse il 7 che gli abbiam dato è ancora poco come valutazione, ma non vogliamo correre troppi rischi. Nemmeno quelli a cui i The Cure sono abituati da sempre.

 

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