Patti Smith – Dream Of Life

Per quanto possano dire i detrattori di certe sonorità, ed in particolare di quelle di Patti Smith, Dream Of Life a riascoltarlo a distanza di tanto tempo per fare questa recensione, non è poi un brutto album anche se, la Smith, avrebbe potuto metterci, forse un po’ più di entusiasmo. Sarà stata colpa del marito?  E’ una domanda alla quale non sappiamo rispondere anche perché, in questo disco la presenza di Fred Sonic Smith degli MC5 si sente. Il disco in questione ci presenta una Smith ben lontana dalla poetessa che aveva partorito Horses, anzi, sembra che tutto qui sia incentrato su quella collaborazione con il marito che già alcuni suoi illustri predecessori avevano sperimentato (leggi Lennon-Yoko Ono, Paul McCartney e Linda Eastman). Da attenta osservatrice quale è sempre stata, Patti Smith realizzò nella sua mente Dream Of Life partendo da quella che sarebbe stata l’esperienza della quotidianità accanto al marito; infatti, un giorno mentre la Smith era impegnata nelle sue faccende domestiche, Fred Sonic Smit, rivolgendosi a lei le disse “Le persone hanno il potere, scrivilo”. La gente ha il potere di redimere l’opera dei pazzi, ecco dove è tutto il senso di una canzone che è stata elevata a vero e proprio urlo contro la guerra, tripudio di tutta quella gente destinata a subire le scelte di un potere che ha quale suo principale obiettivo quello di far girare morte e soldi per la conquista di un ruolo al di là dei comuni mortali. E non c’è molto da dire di più se People Have the Power è stata ripresa da altri grandi nomi come Bruce Springsteen che la utilizzò per il Vote for Change nel 2004, o se addirittura gli U2 la suonarono insieme agli Eagles Of That Metal nel 2015 nel concerto per Parigi dopo che la città era stata sommersa dagli attentati terroristici che avevano fatto vittime al Bataclan e non solo lì. Ed allo stesso modo non è da meno Where Duty Calls che, nonostante un lieve cambiamento fu scritta dalla Smith dopo che ben 241 militari americani, la maggior parte appartenenti al corpo dei marines, furono uccisi da un terrorista a Beirut cinque anni prima della pubblicazione del disco. Qui, il richiamo in Where Duty Calls è anche religioso quanto la Smith canta “Forgive them Father/They know not what they do” (Padre perdona loro che non sanno quello che fanno) accompagnata alla chitarra dal marito che le cuce addosso un’armonia davvero stucchevole. Tutto l’album si dipana lungo questo percorso, un album scritto e pensato per l’amore per gli altri dove vita e morte si rincorrono come è anche accaduto nella sua vita; il declino della salute del suo primo amore Robert Mapplethorpe che nel 1989 morirà per sieropositività, ma prima ancora la morte del compagno di Robert deceduto nel 1987 e poi la morte, nello stesso anno di Andy Wharol cui la Patti era molto legata. Insomma un album che è la fine di quel sogno di vedersi realizzata anche con una famiglia, un sogno che si infrange e viene raccontato con questo lavoro che sa molto di quella New York che lei ha sempre amato anche da lontano perché di Chicago. Ma oltre al brano di apertura che è diventato un classico, sempre ripetuto in tutti i suoi concerti, anche Up There Down There e l’altro pezzo piacevole Looking For You (I Was), bellissimo poema d’amore riproposto in chiave rock, danno energia ad un lavoro, tutto sommato, da non eludere. Ed insieme all’energia di questi pezzi anche gli altri passaggi, tra dolcezza e malinconia, non devono essere dimenticati come Paths That Cross o The Jackson Song che è una ninna nanna scritta per il figlio. E poi Where Duty Calls che richiama tanto il suo amore per il romanticismo ed un certo Rimbaud alle cui lettura la Smith non sa proprio rinunciare. Un album che se non è il massimo va comunque sottoposto all’attenzione di chi vuol conoscere meglio la sacerdotessa del rock.

 

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