Lou Reed – Transformer

Transformer è uno degli album di Lou Reed apparentemente semplice da recensire, e di queste recensioni ce ne sono a bizzeffe, ma per uno come me che è cresciuto a Marc Bolan, Velvet Underground, Lou Reed e Bowie, c’è tanto da dire. Innanzitutto, se Transformer è sempre stato l’album di Lou Reed più idolatrato dalla critica ci sono anche altri capolavori di questo artista che meritano lo stesso trattamento: uno su tutti è sicuramente Berlin o il cervellotico Metal Machine Music che come molti dicono non è solo rumore ma sperimentazione pura. Ma ce ne sono anche altri che hanno lasciato un segno indelebile in tutta la musica che ne è seguita a conferma di quanto, il Lou Reed artista che tutti conoscono, sia stato fondamentale non solo per i Velvet Underground ma per tutto il rock che ne è venuto anche dopo la sua morte e non solo per quanto affermò Brian Eno (vedi precedenti recensioni dei Velvet Underground su questo stesso sito). Transformer è l’album che rappresenta l’incontro tra due mondi, quello tipicamente newyorkese dal quale Lou Reed proviene dove il rock metropolitano è lacerante, e quel glam rock scintillante del periodo che ha avuto in Marc Bolan e T. Rex il massimo apice. Ma anche l’ombra di Warhol continua ad aleggiare su questi solchi louridiani dove un pezzo come Vicious porta all’estremo quelle forme sessuali che Reed non può fare a meno di musicare, già, perché quando canta “Vicious you hit me with a flower/you do it every hour/ oh baby you’re  so vicious…..” ci sono le forme più estreme di omosessualità, quasi una sorta di dipinto in cui Reed riproduce sapientemente Wharol. Ma anche Andy’s Chest, ancora più fortemente ispirata all’artista Wharol, è una vera e propria visionaria composizione poetica dedicata all’uomo più stravagante del XX secolo, quasi una conferma che è proprio quel personaggio ad aver ispirato in grandissima parte questo lavoro e questa Trasformazione di Lou Reed. Transformer viene pubblicato nel 1972, un anno fondamentale per il rock nel suo complesso; infatti, sono di quell’anno Aqualung dei Jethro Tull, Nursery Crime dei Genesis mentre i Pink Floyd stanno lavorando a quello che sarà uno degli album più venduti di tutti i tempi, The Dark Side Of  The Moon. L’atmosfera che si respira è ricca davvero di nuove esperienze, potremmo dire uniche per quel periodo e per quello che rappresenterà in seguito, ma Lou Reed è il solito istrione capace di andare contro tendenza, e lo fa con questo lavoro che se in molti giudicano eccezionale, in pochi hanno il coraggio di dire che è solo un punto di partenza per l’artista di New York. E se Vicious può essere guardato come il vero segno indelebile dell’album, anche quando ti imbatti in Perfect Day,  ancora oggi è uno dei brani più suonati dalle band di tutto il mondo, non fa niente se le tante versioni a volte ti lasciano con un po’ di amaro in bocca come nella versione in cui Lou Reed canta con Elvis Costello dove di rock c’è ben poco.

La canzone prende l’avvio con strofe che parlano di cose semplici vissute al fianco di qualcuno che ti fa star bene, bevendo in un parco per poi tornarsene a casa dopo aver dato da mangiare ad alcuni animali nello zoo. Un quadro disegnato con i colori dell’amore, ma nel ritornello, giunge una frase che lascia riflettere: “ Un tale giorno perfetto sono felice di passarlo con te. Oh, un tale giorno perfetto, mi dai la forza di resistere “. Ma la forza di resistere a Lou non è la ragazza, infatti nello stile dei tossici, “ perfect day “ è lo sballo che giunge dall’assunzione di eroina, mentre in molti, ascoltando, credono che sia amore. E’ l’eroina che ti fa dimenticare ciò che realmente sei, perché come lo stesso Reed canta in Heroin, “e mentre l’eroina è nel mio sangue, e il sangue mi va alla testa, Ringrazio Dio, sto bene come un morto, Ringrazio Dio che non sono cosciente,Ringrazio Dio che non m’importa, E credo di non conoscere niente, E credo di non conoscere niente”

Ma c’è di più: infatti tutta la seconda facciata di Transformer vanta la presenza di un certo Bowie, produttore insieme a Mick Ronson dell’intero album, Di sicuro questo long playng lo si poteva anche intitolare New York come una successiva produzione dello stesso Reed, perché in Transformer viene raccontata la visione louridiana della New York diversa, sotterranea, proibita, che in molti non conoscono ma che per l’artista rappresenta e raffigura la propria anima. Ma, quando Lou Reed e David Bowie entrarono in sala di incisione per la realizzazione dell’album, Reed non si reggeva in piedi pieno com’era di anfetamine e tutte le droghe di questo mondo e l’atmosfera che si respirava era proprio quella, quella di un uomo che sembrava a malapena di essere capace di tirar fuori la propria voce, un uomo che tra alti e bassi stava cercando di risalire la china grazie a chi in lui aveva sempre creduto e visto la sua creatività quasi come una musa ispiratrice. Diverse storie raccontano di un Reed che per fargli terminare l’album, nelle ultime sessioni di lavoro veniva portato di peso in sala, messo sulla sedia ed aiutato a fargli imbracciare la chitarra. Ma quando Reed entrò nel mondo di Bowie era il tempo in cui le classifiche erano dominate da Marc Bolan e T. Rex, Alice Cooper, Slade, Sweet e così via, un mondo dove il glam aveva preso il sopravvento ma che andava verso un declino inesorabile. Ecco che allora, il Bowie produttore insieme a Mick Ronson vedono in Lou Reed ed in Transformer il nuovo style rock che avanza e così, mentre il primo album solista di Lou è una specie di raccolta di materiale dei Velvet Underground, qui si percepisce un nuovo percorso. E questo percorso è percepibile già dalla copertina dove un Lou Reed, con il volto dipinto ed il rossetto nero come lo smalto delle unghie avrebbe segnato un’epoca, l’epoca della trasformazione rock che da quel momento avrebbe impressionato, come in una pellicola di Andy Wharol, tutta la musica che sarebbe nata successivamente. E così se Vicios è un  vero e proprio tazebao del’omosessualità mentre Andy Chest è interamente dedicata a Wharol, Perfect Days è il vero e proprio segno di come Reed sappia essere e perfezionista sagace compositore; ma anche Hangin’ Round dove il rock’n’roll non si fa attendere dimostra quanto questo artista sia veramente completo. Ma non mancano poi temi che lasciano intravedere il mondo che Reed racconta e canta con tanta sapienza e fervore dimostrando con Make Up la propria simpatia verso i gay ed i travestiti. In Transformer c’è tutta la New York che Reed ha descritto sin dai tempi dei Velvet Underground, ma anche qui aleggia l’ombra di Andy Wharol e così Reed oltre che compositore sa diventare anche musa quasi a conferma che tutto il passato, che tutto quanto accaduto con i Velvet non è stato casuale; è lui la musa di quel mondo, è lui l’artista che ha eguagliato Wharol, ma lo ha fatto in musica cantando quel mondo al quale Reed e Wharol sono sempre appartenuti. Con Transformer Lou Reed ha voluto dimostrare chi veramente è stato la mente di tutto quel nuovo modo di concepire la musica, Reed ha voluto dire al mondo intero che i Velvet Underground e forse lo stesso Wharol non sarebbero stati ciò che sono stati se non ci fosse stato lui. E forse è vero perché senza questo artista nemmeno il mondo dei “diversi” avrebbe avuto il suo cantore. Sarà ma anche se le liriche di Transformer a volte sembrano piccole canzocine, il messaggio che trapela è quello della “venuta” di un messia capace di raccontare il peccato con normalità, quella “normalità” che viene illustrata nella splendida Walk On The Wilde Side, splendida perché con soli tre accordi è raccontato quel lato selvaggio che in Reed sono le strade, anzi la strada. Sarebbe stato così se Lou Reed non fosse sceso negli inferi? Per farlo ha capito che era necessario trasformarsi e Transformer è tutto qui: nero dentro, nero fuori ….. ma il peccato è altra cosa, e non è il solito “viaggio” di un tossico ma la fervida mente di un poeta maledetto.

 

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