Nova sui prati notturni, il nuovo album

Si dice post-rock. Ed è proprio in questo genere che i Nova sui prati notturni si muovono sia nei testi che nelle note. Così, anche in questo nuovo album, tralasciano la forma canzone, e non certo il desiderio di dire qualcosa di reale anche attraverso le parole. Il nuovo album, Nova sui prati notturni  comprende sette brani inediti e tre ripresi dal loro passato, completamente reinterpretati. I temi:

Una notte. Durante una festa estiva in centro città c’è confusione e tanta gente. Una donna dimentica la sua famiglia e la solita vita e inizia a seguire un uomo con lo sguardo, poi ricambiata. Un gioco dal quale diventa difficile uscire. Dal deserto. Da una difficoltà che pare insormontabile, rimane invece proprio la forza di ripartire. Studio e famiglia. Reinterpretazione di un brano strumentale parte dell’opera post-rock Le soleil quitte ces bords, del 2005. Nervi e sangue. L’incontro tra una ragazza e un lupo, tratto da una favola nordica. A casa. Un ritorno faticoso, pacificato e l’invito rivolto alla persona amata a non credere a soluzioni salvifiche. Oggi 2020. Un sogno e la sua simbologia. Morte e impulso vitale. Stella. Dedicato a chi, anziché essere grato della propria diversità, se ne dispiace. Nokinà. Il compositore Bepi De Marzi spiega così la sua Nokinà: «Katia Bleier, Alta Slovenia 1919 – Thiene 2004, ebrea sopravvissuta ad Auschwitz, ha sposato lo scrittore Luigi Meneghello. Mi ha raccontato che le mamme ebree andavano in fila verso le camere a gas con i capelli rasati, nude, con i loro bambini in braccio, carezzando la disperazione con due piccoli suoni, ninàa, ninàa». Nokinà, parola inventata da De Marzi, custodisce la cadenza di una ninnananna, di un canto che attraversa il cosmo per risuonare nei luoghi dove il male tende a farsi assoluto. È stato detto molto, ma solo un musicista poteva aprire un mondo in tre sillabe, con una parola che anche noi abbiamo ascoltato e ripreso. Adorno disse che dopo l’Olocausto non si poteva fare arte, poi cambiò idea, ma rimane che sull’Olocausto forse non si possono fare arte o musica in senso stretto. Abbiamo colto il racconto dai campi di concentramento e l’invenzione della parola nokinà e deciso di non affrontare la composizione musicale originale, che è corale e solenne, di un dolore dignitosamente contenuto nella misura. La nostra Nokinà è materna, voce precaria (dall’etimo, ottenuta con preghiera). Volevamo dare memoria e senso ai tre momenti che permettono a un dolore di farsi parola, ninnananna, preghiera; i tre momenti finali del racconto di Katia Bleier, di fronte alle camere a gas. Ci interessava testimoniare quei fatti così e che rimanesse la parola nokiná, perché nella composizione originale è difficile udirla nitidamente. Serviva un canto quasi atono e d’impatto emotivo, senza compromessi, per dare modo a chi volesse ricordare di cantarla nella sua cadenza e nella sua semplicità: tre sillabe di una musicalità essenziale, senza nessuna concessione. AmT. Brano strumentale ispirato all’estasi dell’uomo che vuol farsi macchina. Ambiente meccanico tripartito. Il mantello. Tratta da un racconto di Buzzati. Un uomo torna a casa dopo la guerra ma non rimane a lungo e non si toglie il mantello dentro casa. È il fantasma dell’uomo che se n’era andato.
Biografia.  Il progetto Nova sui prati notturni prende forma definitiva nel 2011, con l’album L’ultimo giorno era ieri, Dischi obliqui, che comprende Signore delle cime, una rivisitazione in chiave post-rock di un canto per alpini di Bepi de Marzi e un’interpretazione dell’Orto dei veleni di Aldo Palazzeschi. In seguito, sempre per Dischi obliqui, esce Paris 1971, tratto da un’opera post-rock dedicata a James Douglas Morrison. Nel 2013 esce Opera mutante # 1, sulle basi vocali ed elettroniche di Fox, leader dei Plasticost, registrata in presa diretta nel corso di una performance dal vivo. Dell’anno seguente è Holodomor, colonna sonora del documentario Holodomor, la memoria negata realizzato da Baldini e Ferrando e che si occupa della grande carestia indotta dal regime che negli anni 1932/33 colpì l’Ucraina, allora parte dell’Unione Sovietica. Holodomor è presentato come evento speciale al Gallio Film Festival del 2018. Sempre nel 2014 esce Frank (la prima opera post-rock in assoluto, secondo Onda Rock), tra dark, post-rock e ambient, ispirato al Frankenstein di Mary Shelley e rappresentato dal vivo durante l’anno. Il 2016 è l’anno dell’uscita di Non Expedit. I brani mettono a fuoco ambientazioni, suoni e una ritmica nervosa. Nel 2018 i Nova sono premiati al Working Title Film Festival per la colonna sonora del cortometraggio Un ultimo giro con la regia di Pietro Scarso. Nel 2019 esce Last Ride, esperimento dei Nova con Pietro Scarso, un album strumentale che prevede per ogni brano un video. Last Ride esce esclusivamente on line, sotto forma di sito internet. Fine 2020 o inizio 2021 vedrà l’uscita di un libro intitolato Il cuore rivoltato, testimoniante la fase precedente la nascita del gruppo, quando i futuri Nova sui prati notturni lavorarono all’opera post-rock Le soleil, Paris dedicata ad Arthur Rimbaud e James Douglas Morrison, in collaborazione con il critico letterario Marco Cavalli, il pittore Manuel Baldini e il videomaker Fabio Ferrando. Il 2020 è però l’anno dell’uscita del nuovo album intitolato proprio Nova sui prati notturni, ancora una volta per Dischi obliqui, comprendente dieci brani e della realizzazione del video di Nokinà per l’associazione di Davide Assael, Lech Lechà, in occasione del giorno della memoria.
Federica Gonzato: basso, voce, pianoforte e testi.
Giulio Pastorello: chitarre, voce, testi (registrazione, missaggio).
Gianfranco Trappolin: percussioni (realizzazione copertina e blog).
Massimo Fontana: chitarra elettrica, voce, testi.

Ti potrebbe interessare