Tool: Fear Inoculum

Se il 13 è un numero fortunato è probabile che quel numero, forse, abbia contribuito a stimolare i Tool, la band di Los Angeles che ritorna in campo con Fear Inoculum, album che giunge dopo quel lontano 2006, quando pubblicò 10,000 Days, un album bello e tecnicamente ben realizzato.

Se il 13 è un numero fortunato è probabile che quel numero, forse, abbia contribuito a stimolare i Tool, la band di Los Angeles che ritorna in campo con Fear Inoculum, album che giunge dopo quel lontano 2006, quando pubblicò 10,000 Days, un album bello e tecnicamente ben realizzato. E Fear Inoculum non è diverso anche se si presenta musicalmente ambizioso con un trittico di batteria, chitarra e basso che producono ritmi capaci di amalgamarsi in un unicum prima di tornare a giocare la loro parte. Già dalla traccia di apertura, che dà poi il titolo all’album, Fear Inolucum, le atmosfere pur presentandosi cupe sono tutte giocate su un tam tam che ricorda vecchie danze wodoo anche se poi, nel suo svilupparsi, il pezzo diventa un susseguirsi di puro sperimentalismo rock. Dieci minuti semplicemente spiazzanti per chi conosce questa band dove i Tool giocano con possenti ondate rock ed un suono da pratica meditativa che spinge chi ascolta a chiedersi dove ci si trova. Pneuma, composta e modulata in modo esemplare, è il tipico esempio di rock tooliano, sornione all’avvio, esplosivo negli ultimi passaggi con un prog metal che parte sparando una ritmica chitarristica ripetitiva ma che subito esplode per diventare uno dei cardini principali di questo Fear Inoculum che segna il ritorno sulle scene di una grande band. Ma di sicuro nel disco non manca anche un piccolo passo falso come Litanie Contre La Peur, quasi un pezzo da intermezzo che lascia molto a desiderare e che i Tool avrebbero potuto fare a meno di inserire nel disco. Con Invincible si cambia completamente passo, la musica è ispirata dalla storia che ne suggerisce il sound in un crescendo perfetto che coinvolge distorsioni e riff con la voce di Maynard che è sublime. Insomma un pezzo che farà felici gli estimatori di quelle atmosfere lisergiche con cui questo brano si presenta a differenza di alcuni precedenti passaggi di cui abbiamo finora qui parlato, Legion Inoculant è un pezzo che a dire il vero non entusiasma nonostante le immersioni nei meandri di un dark ambient che spesso entusiasma. Con Descending la maestosità si fa strada e la bellezza del brano è data dal susseguirsi di voce e chitarra che sembrano quasi abbracciarsi alla ricerca di un suono unico, diverso, psichedelico, insomma  tipicamente tooliano. Con Culling Voice

ci troviamo di fronte al brano più corto di tutto Fear Inoculum, un pezzo magnetico e forte allo stesso tempo, fatto di quel rock ruvido ma ben concepito dove, come al solito, la chitarra è la padrona incontrastata di casa. Dopo l’intermezzo di Chocolate Chip Trip, alquanto superfluo nella composizione complessiva del disco, giunge 7empest, il brano più lungo, dove l’arpeggio di apertura è di una bellezza unica, sicuramente destinato a diventare uno dei nuovi cavalli di battaglia della band statunitense e che, in alcuni passaggi e tonalità, richiama sonorità crimsoniane. Fear Inoculum è il lavoro del ritorno dei Tool ma è anche la produzione che pur mantenendosi nello stile tipico degli americani probabilmente avvierà un nuovo corso della band. Gli aficionados si tengano pronti. Chiude l’effettistica Mockingbeat che dopo quanto abbiamo ascoltato lascia un po’ perplessi per il genere di chiusura che questo disco ci offre. Buon ascolto!

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