OPETH | IN CAUDA VENENUM

Gli svedesi Opeth, dopo ben tredici album dal loro esordio, dimostrano con questo disco, In Cauda Venenum, la loro vocazione al metal si ma anche al progressive più maturo.

Non c’è niente da fare, questa band metal, stavolta votata ad un sound leggermente diverso dal solito, o la si ama o non la si ama. Eppure, gli svedesi Opeth, dopo ben tredici album dal loro esordio, dimostrano con questo nuovo disco, In Cauda Venenumla vocazione al metal si ma anche al progressive più maturo. E questa nuova uscita, se si guarda alle precedenti, è un vero spartiacque tra il passato ed il presente, con un forte senso dell’attualità che li proietta tra suoni progressive, rock e jazz allo stesso modo. Certo che trent’anni sulle scene la dicono lunga sul modo di fare musica degli Opeth, ed In Cauda Venenum lo dimostra già dal primo pezzo, Garden Of Earthly Delights, che si propone all’ascolto con un’apertura di tutto rispetto, pieno di suoni iniziali stile primi Pink Floyd che poi esplodono in un death rock che sembra provenire dagli inferi. E con questo primo pezzo introduttivo, che sembra l’apertura di una suite operistica, gli Opeth propongono Dignity che viaggia su un hard rock dove effettistica, mellotron, chitarre e voci presentano un’immagine meno soave e più vicina alla struttura di un rock con i riff veri e propri artefici del sound. Questo pezzo è senza ombra di dubbio uno dei migliori dell’intero album, sia perché il suono e le voci sono perfettamente amalgamati, sia perchè il testo affronta tematiche a noi vicine come la paura della solitudine e quella del futuro che inducono poi a riflettere su questo che è il vero filo conduttore dell’intero In Cauda Venenum. La successiva Heart In Hand è certamente uno dei pezzi più interessanti capace com’è di frapporsi tra il rock più hard e melodico ed una chiusura di chitarra acustica. Con questo pezzo si è praticamente catapultati dal metal groovy più intenso ad un incantevole passaggio acustico……che ci permette di dire quanto siano grandi davvero gli Opeth. Con la successiva Next Of Kin gli Opeth continuano a mantenersi sulla linea di Heart In Hand continuando in quell’integrazione tra acustico ed elettrico per un grande rock che vede anche il ritorno delle tastiere con note stile Deep Purple, e la messa in evidenza dei sintetizzatori. Grandi passaggi anche qui di chitarra acustica che contribuiscono al tipico sound Opeth. E così, dopo quello che possiamo tranquillamente considerare uno dei passaggi più dark di In Cauda Venenum, quando partono le delicate note di pianoforte di Lovelorn Crime sembra di essere piombati per gusto e raffinatezza in quel rock al quale il grande Steven Wilson ci ha abituati. Bellissima ballata sulla quale c’è poco da aggiungere se non che questo, come gli altri, è uno di quei pezzi che rende immenso In Cauda Venenum. La partenza poi di Charlatan ci conduce ad un tripudio di tastiere, chitarre e passaggi che riportano ai grandi gruppi del passato con quel loro hard rock unico mentre Universal Truth è un altro dei passaggi più imponenti di questo lavoro, oltre che di quelli realizzati nell’intera carriera degli Opeth. Ed è così che tra suoni che spaccano e dolcezze accompagnate da chitarra acustica, cori, mellotron e così via, il pezzo si manifesta in tutta la sua grandezza alimentando quanto viene narrato sulla band metal svedese. Ma se gli Opeth hanno fin qui dimostrato la loro versatilità musicale, quando si arriva a The Garroter la sostanza di quanto fin qui detto diviene realtà perché viene dimostrato come sia possibile partire da una chitarra acustica dallo stile classico per giungere ad un jazz prog vibrante di incommensurabile ricchezza. Gli oltre sette minuti di Continuum ci dicono che siamo ormai giunti all’epilogo di questo multiforme album, anche perché la traccia, pur confluendo nel pezzo di chiusura, è ad alto potenziale rock, e basta solo ascoltarla per capire come gli Opeth siano riusciti a diventare nel tempo quello che poi, oggi, in realtà sono……immensi! Chiude questo fantastico album di cui se ne parlerà anche in futuro, All Things Will Pass, un pezzo legato a sonorità più cupe sostenute da un ritmo lento e cangiante che richiamano suoni alla Black Sabbath resi ancora più oscuri da testi che portano a riflettere sulla condizione umana. Con In Cauda Venenum, album pieno di atmosfere cangianti, gli Opeth fanno finalmente brillare la loro potenza realizzando passaggi di prog rock ormai maturo per la band che ha sempre avuto la vocazione del metal. Qui c’è tanta musicalità e la dimostrazione di quanto i musicisti siano poi davvero bravi perché nel tempo, grazie proprio alle loro capacità strumentali e creative, hanno realizzato un lavoro di tutto rispetto destinato a non restare solo negli scaffali e che, comunque non toglie nulla ai precedenti.

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