Quella Vecchia Locanda – Il Tempo Della Gioia

Ma Il Tempo Della Gioia può o no essere considerato un disco classico? Registrato nel 1974 con una formazione diversa da quella dell’esordio tranne Giorgi, Roselli, Cocco, il secondo disco de La Vecchia Locanda mantiene ancora la forza del classico pur orientandosi verso un progressive più concettuale con un sinfonismo da brividi già dall’avvio. Infatti, Villa Doria Pamphili, pezzo introduttivo, si avvia con un pianoforte, una chitarra acustica ed un violino che giocano nel tessere la piacevole armonia che coinvolge nell’ascolto. Certo qui l’atmosfera, con gli eleganti giri di tastiere, ha uno timbro quasi baroccheggiante con la voce di Giorgio Giorgi che si supera in interpretazione. Questo nuovo disco de La Vecchia Locanda rispetto al precedente è quasi una svolta, dal rock dell’esordio siamo in pieno periodo classic-prog che ci consente di dire quanto la band sia effettivamente maturata. Il salto dal primo pezzo ad un barocco stile minimale ce lo dà A Forma Di… con violino e clavicembalo che ricordano appieno certe sinfonie tardo gotiche. Purtroppo, anche se il brano con l’inserimento di coro sembra avviarsi verso una specie di suite, lo stesso raggiunge troppo presto per i nostri gusti i livelli di estasi e grandezza che ci aspettavamo. Un taglio di cui sinceramente la band avrebbe potuto farne a meno, anche se qui lo zampino della produzione sembra aver fatto la sua parte. Il Tempo Della Gioia è sicuramente il pezzo che offre il maggiore apporto all’intero lavoro: avvio tipicamente sinfopoetico seguito da un’elettricità ed un jazz rock contaminato che fanno da contraltare ai precedenti suoni che questo disco ci ha dato finora. Il grande lavoro al basso di Massimo Giorgi e quello di Roselli alle tastiere fanno di questo pezzo una piccola suite di teatralità musicale da cui affiora un eccellente gusto per la ricercatezza nei suoni ai quali La Vecchia Locanda ci mette molta attenzione. Anche con Un Giorno Un Amico sembra di essere introdotti nei sfavillanti suoni paganiniani e di tutto il disco questo è il momento di protagonismo assoluto dello strumento a quattro corde in quinta. Qui il tempo pentagrammatico non è mai lo stesso, come non lo erano quelli del Paganini nostrano, probabilmente primo incontrastato re del rock che verrà; tutti gli aspetti della musica de La Vecchia Locanda sono proprio qui, in questo fantastico pezzo che non lesina addirittura nelle sperimentazioni di pure jazz. Con È Accaduto Una Notte l’equilibro tra rock ed un certo folk alla Jethro Tull sono evidenti così come lo sono le progressioni che questo disco offre. C’è da dire che Il Tempo Della Gioia è la sublimazione di tutto un percorso che la band di Monteverde, in provincia di Roma, compì nei quattro anni di attività in cui fu una delle protagoniste assolute della scena progressive italiana. In sostanza, Quella Vecchia Locanda aveva un orientamento musicale incentrato su partiture complesse con tastiere e pianoforte in primo piano per un inconfondibile classicismo che contraddistinse quella che noi, oggi, non lesiniamo a definire genialità. Questo è un disco essenziale per capire come il prog italiano abbia affondato le sue radici nella musica classica ed in quella sinfonica. Ed anche se ci sono stati altri gruppi rock artefici anche del fulgido periodo anni settanta, è davvero una gioia, dopo tanto tempo, aver riascoltato Il Tempo Della Gioia per scrivere questa recensione. Ma resta ancora da dare la risposta alla domanda iniziale che non può che essere una sola: qui siamo davvero di fronte ad un classico che resterà tale nel tempo.

Ti potrebbe interessare