The Cure – 4:13 Dream

4:13 Dream del 2008 è la dimostrazione che i The Cure continuano a creare canzoni di pop bizzarre nonostante riescano però a farlo ancora sorprendentemente bene. Quello che colpisce qui però è il fatto che la musica risulta essere un po’ ammorbidita rispetto a certi suoni contenuti nei lavori più importanti di questa band. A volte, addirittura, i suoni sembrano incoerenti con quelli dei The Cure più conosciuti, potremmo dire anche che alcuni passaggi risultano anche messi lì per caso, e ciò non è nelle abitudini del loro leader che, nonostante gli alti e bassi di creatività, è sempre ben attivo in fatto di creatività. 4:13 Dream è un album che potremmo considerare addirittura molto vicino a sonorità pop perché suona davvero strano, la musica non è per niente invitante e la produzione lascia un po’ perplessi. Nonostante ciò però il sound ricorda qui il periodo più fulgido della band negli anni ’90 dove si incrociano il pop di Kiss Me Kiss Me e le sonorità di Disintegration. Se dovessimo fare una classifica di quanto qui ci viene proposto, il brano di apertura, Underneath The Stars è quanto mai suggestivo come lo è The Perfect Boy che coinvolge e fa riflettere. Certo, siamo molto lontani da Disintegration o Bloodflowers ma i cambi, meglio ancora le pause creative che passano da un album all’altro si sentono e, probabilmente, sono anche il marchio della band inglese. 4:13 Dream è caratterizzato da un rock semplice che rinuncia addirittura alle tastiere, una sorta di nuova sperimentazione che i The Cure hanno deciso di attuare…pur di uscire con un nuovo album; e non sappiamo se ciò poi sia dovuto al rispetto di un contratto con la casa discografica o ad una sorta di…”non sapendo che fare ne facciamo un altro”. In generale però, 4:13 Dream ha un percorso musicale che soddisfa anche se non è entusiasmante. Di questo tredicesimo lavoro dei The Cure c’è ben poco da dire, probabilmente l’unica cosa che gioca a loro vantaggio è il ritorno del chitarrista Porl Thompson che aveva lavorato in Disintegration, uno dei loro capolavori, andato via nel periodo in cui la band partoriva Wish per lavorare a fianco dei Led Zeppelin forgiando così un’esperienza che avrebbe riportato in questo 4:13 Dream. Sarà che a noi piace disquisire molto sui dischi che abitualmente recensiamo, amiamo farlo passando da un brano all’altro proponendo le nostre sensazioni più recondite, ma con questo disco dei The Cure del 2008 quello che ci portiamo dietro, e probabilmente dentro, è un assoluto senso di vuoto rispetto a quanto abbiamo sempre ascoltato di questa band. Resta il fatto che siamo al cospetto di una band (e un certo Robert Smith) che non si è mai illusa che ci sia un punto di arrivo anche nella propria carriera di musicisti, per i The Cure ci son sempre stati punti di partenza e qualche volta di stop, ma la creatività non è mai mancata loro, forse è proprio per questo che li ritroviamo ancora sul mercato a farsi sentire nonostante questo 4:13 Dream non dia proprio la propensione al riascolto. Loro, intanto, sono tornati anche in questo 2019.

 

 

Ti potrebbe interessare