THE CURE – Wild Mood Swings

Wild Mood Swings giunge a noi dopo ben tre dischi live prodotti dalla band di Robert Smith usciti tutti nel 1993: Show, Sideshow e Paris ed arriva accolto da un assoluto silenzio sia da parte del pubblico che della stampa specializzata. Probabilmente molto di questo stato di cose fu dovuto alla presenza di nuove band che avevano invaso il mondo con sonorità alternative come quelle proposte da band quali Pearl Jam, Radiohead, Suede, Blur e così via. Tuttavia l’album non è poi così brutto come sembra anche se sovente si sposta su linee melodiche quanto mai orecchiabili ed inconsuete per i The Cure che, fino avevano spopolato con le produzioni precedenti al 1993. Nonostante tutto quello che la stampa affermò in quel periodo fu di segno apposto alle reali potenzialità di questo lavoro. Probabilmente tutto questo fu dovuto al fatto che Smith era da un po’ di tempo ossessionato dall’idea di realizzare qualcosa che fosse di matrice pop, infatti Wild Mood Swings ha diverse somiglianze con Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me anche se se escludono le prime quattro tracce…poi tutto cade nell’ovvio. L’apertura, affidata a Want è la classica traccia di stampo curiano ed in particolare i testi che parlano di avidità. Qui i suoni sembrano essere inusuali, ma richiamano molto il marchio The Cure che resta, comunque, riconoscibilissimo. Con Club America sembra di trovarsi di fronte alla colonna sonora di un film e la musica composta qui è soppiantata da una chitarra cge oscilla tra rock ed una sorta di sitar elettrico. Evitando comunque qui di soffermarsi su ogni singola traccia, perché per rendersi conto della produzione che stiamo trattando è opportuno andare ad ascoltarsi il supporto, possiamo affermare che Wild Mood Swings è un album che appare confuso tanto che proprio questa confusione indusse la stampa a considerare il risultato del tutto scadente. Comunque, dal punto di vista stilistico Smith cerca in qualche modo di ricorrere ai ripari utilizzando diffusamente l’orchestra quasi stesse tentando di ottenere un risultato quasi progressive ma che in  realtà va a scontrarsi con l’onnipresente culto dei Velvet Underground ai quali, i The Cure, devono comunque molto. In Wild Mood Swings i riferimenti all’alcool sono numerosi come non mai, ma ci sono anche pezzi che raccontano della fine di rapporti amorosi e non sappiamo quanto di personale i The Cure ci abbiano messo in questi pezzi. Giusto quanto accade in Trap, pezzo abbastanza ambiguo che induce a riflettere anche sulla fine di una storia d’amore. Sarà finzione o realtà? E’ una domanda che Smith cerca comunque di porsi e di porre al proprio pubblico che, stavolta però, non ha accolto di buon grado questa nuova produzione della band inglese. Al di là di tutto comunque, Wild Mood Swings è un album che dovrebbe essere rivalutato tenendo in considerazione il periodo in cui fu realizzato, un periodo in cui l’avvento delle band che abbiamo citato all’inizio di questa nostra recensione, era diventato dirompente.

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