Syndone – 2018 .- Mysoginia

Un grande disco come Mysoginia apre nuovi orizzonti ai Syndone che finora si sono dimostrati davvero immensi   

Mysoginia, se ce ne fosse ancora bisogno, conferma quanto ormai i Syndone siano la band italiana più rappresentativa nel panorama progressive. Il nuovo lavoro, pubblicato per l’etichetta Ma.Ra.Cash Records è davvero grande, bello come il rock progressive che lo anima e che lo rende unico oltre che dal punto di vista creativo anche da quelle pennellate brevi di buon jazz che contiene. Ma Mysoginia è soprattutto un concept album che vuole far riflettere su quell’atteggiamento di odio o avversione nei confronti delle donne e non è un caso che questa produzione sia uscita proprio in questi giorni in cui si è tanto parlato di violenza contro il sesso che debole non è…. anzi. L’album oltre che un concept-tributo a tutte le donne che hanno subito violenza sin dai tempi di Caterina dé Medici, è anche una composizione che conferma la straordinaria potenza della band torinese che non ha nulla da invidiare ad alcuno. C’è da aggiungere poi che i Syndone ritornano sulle scene musicali a due soli anni da Eros & Thanatos del quale ce ne siamo occupati sempre su questo stesso sito (inserire link) (https://www.psycanprog.com/albums/syndone-2016-eros-thanatos/). Mysoginia, interamente dedicato al femminicidio con una vena tutta da scoprire, oltre che essere già apprezzato per il tema trattato, ha nelle composizioni musicali quanto di meglio i Syndone finora hanno saputo esprimere.  E, per comprovare ulteriormente questa tesi, i Syndone si sono avvalsi di nomi che, in un modo o nell’altro, hanno attraversato i  territori Syndone e fra questi Vittorio De Scalzi (New Trolls), Gigi Venegoni (Arti & Mestieri), Viola Nocenzi (Banco) oltre alla Budapest Scoring Symphonic Orchestra diretta dal maestro Francesco Zago (che abbiamo intervistato in passato per questo stesso sito (https://www.psycanprog.com/interviste/intervista-al-chitarrista-e-compositore-francesco-zago/) ed il Coro dei Piccoli Cantori di Torino. Tra l’altro, Mysoginia, ha debuttato come spettacolo teatrale il 25 novembre scorso al Teatro Piccolo Regio di Torino. E veniamo ora all’analisi dei brani contenuti in questo splendido disco che consigliamo vivamente non solo di ascoltare, ma di accaparrarsi quale pietra miliare di un rock tricolore tutto da tramandare ai posteri. L’apertura, affidata a Medea, è già il preludio ad un concept dalle molteplici sfaccettature; infatti l’introduzione pur calandosi in atmosfere alla Banco (non sarà un caso che tra gli ospiti del disco ci sia la figlia di Vittorio Nocenzi, Viola?) sintetizza al meglio quanto i Syndone sono riusciti a fare finora con i precedenti lavori. E le mani di Nick Comoglio e Gigi Rivetti sono quelle che danno una sinuosità esemplare oltre che unica nell’utilizzo di tastiere, ben sostenute da una sezione ritmica che è …. semplicemente splendida

Red Shoes mantenendosi sulla stessa linea dell’apertura dà poi un’improvvisa sterzata con l’inserimento della voce di Ruggeri che è molto vicina come timbrica a quella di un certo Plant, e ciò senza nulla togliere al bravissimo Riccardo che è da porre tra i primi posti in classifica dei rocker nostrani.

Con Caterina sembra di ritrovarsi con un avvio alla Genesis ma in realtà, qui, l’italianità ci richiama alla mente alcune composizioni contenute in Dracula della P.F.M.,  anche se le timbriche sono ben lontane da quei canoni e del tutto personali. Ed è così che la tragicità del tema che i Syndone trattano nell’album esplode in tutta la sua tragicità. La voce di Ruggieri è sempre splendida tanto che ci sembra di assistere ad un pezzo d’opera che rimanda a certi ascolti del grande Paganini, e che i Syndone sostengono in tutta la sua drammaticità con una musica rock fuori dal comune. Che grande band che abbiamo di fronte, anzi in cuffia!

12 Minuti resta, per noi … forse il pezzo più bello dell’intero lavoro, quasi un gioco dove le note si intrecciano alla splendida voce sorretta ad un certo punto da una chitarra che pur quasi defilata, lascia il segno …. eccome se lo lascia. Quasi un walzer dal quale è impossibile scappare anzi, se chiudete gli occhi per un’istante sognerete lampadari disneyliani e territori inesplorati dove i Syndone vi accompagnano senza accorgervene.

Evelyn è l’emergere di una donna che racconta la sua storia attraverso il bel pianoforte di Gigi Rivetti, la splendida voce del solito Ruggeri che stavolta ha il sostegno di una Viola Nocenzi immensa. Un pezzo semplicemente da brividi, sia per la storia che racconta che per la musicalità intrinseca che alla fine si lascia accompagnare da un bel classicismo jazzato come pochi riescono a fare e che guarda molto, ma molto lontano.

Mysoginia, il pezzo da cui prende il titolo l’album, è un altro passaggio di stupenda fattura, un brano che non lascia spazi a interpretazioni di qualsivoglia genere, ma sembra sia stato scritto solo ed esclusivamente per essere ascoltato succhiandone il senso fino al midollo e nulla più, perché ognuno è libero di interpretarlo a modo suo. Già perché solo ragionando su quel termine, che esprime il sentimento avverso alle donne, ci si rende conto di quanto, proprio le donne siano davvero il centro dell’universo.

Con Women l’argomento donne viene ancora sviscerato, ma stavolta il cantato è in inglese, ed i Syndone fanno bene a dare al pezzo questo tocco perché la lingua anglosassone si presta perfettamente al tema musicale composto. Le tastiere ed il vibrafono qui sono, insieme al moog, il centro di un universo “femminile” tutto da esplorare, tutto da scoprire e forse, anche da difendere. Poi il resto è solo grande progressive rock.

Con No Sin torna l’atmosfera dolce e pacata che Marta Caldara riesce a rendere davvero unica, come la bellissima voce di Ruggeri sostenuta anche qui dal moog di un Rivetti che non è l’unico ad essere in forma, e da uno splendido, anche se breve, assolo di chitarra di Gigi Venegoni che quasi in chiusura del pezzo distorce lo strumento dando spazio alla grande orchestra di Francesco Zago per tornare poi a reinserirsi con abilità e maestrìa a chiusura del passaggio.

Mysoginia chiude alla grande con Amalia, altro brano d’atmosfera che chiama a grandi momenti di musica, con un’apertura affidata ad un violino e ad un pianoforte che spianano la strada al racconto per chiudersi poi come una colonna sonora dedicata a tutte le donne del mondo.

Un grande disco come Mysoginia apre nuovi orizzonti ai Syndone che finora si sono dimostrati davvero immensi, sia con le precedenti produzioni che con quest’ultima, un disco che non mancherà di attirare anche chi del progressive non è proprio fan. Che band ragazzi, non perdeteveli  …. ovunque essi siano ed ovunque voi siate! E comunque Viva le Donne.

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