Banco Del Mutuo Soccorso – Io sono nato libero

Da…. un’idea che non puoi fermare…. dove la libertà è al centro dell’uomo nasce uno dei capolavori italiani che viaggia tra progressive, pura poesia e ideale politico.

Ci sono dischi che finiscono nel dimenticatoio e dischi che non smetteranno mai di essere ascoltati; ci sono solchi nel quale è difficile ritrovarsi e tracce che hanno scalfito i generi. Potremmo dire che questo è accaduto poche volte nel panorama rock italiano, ma quando si parla di Banco, come si fa a non dire che questa è stata la band progressive italiana più concettuale del nostro panorama. Di produzioni del Banco da nominare ce ne sarebbero tante, ma due sono quelle che hanno fortemente influenzato anche le idee del periodo (ci riferiamo a due dei loro dischi in particolare), Garofano Rosso grande capolavoro, e Io Sono Nato Libero opera di una fattezza incredibile che non ci vergogniamo di definire “un classico” unico del nostro tempo (quello musicale per intenderci). Partiamo dai testi: quelli che troviamo in Io Sono Nato Libero hanno nella ricercatezza quanto di meglio la musica rock italiana abbia potuto mai esprimere e ciò grazie anche alla voce di Big Francesco che, in termini poetici, ha probabilmente un solo eguale che corrisponde al nome di un certo Fabrizio De Andrè. Qui, a stare all’ascolto, i vari passaggi non fanno di questa produzione un concept album, nonostante ciò però tutto gira intorno a quella che è la perenne ricerca di libertà quella che manca nei principali soggetti di questo lavoro, i prigionieri per opinioni politiche. L’apertura, affidata a Canto Nomade Per Un Prigioniero Politico, è già l’apice del classicismo nocenziano espresso al pianoforte, un pezzo dove la voce di Di Giacomo è già “the voice of italian prog”, e credo opportuno dire qui che di voci nel rock nostrano solo due (secondo il mio personale parere) ce ne sono state, Di Giacomo e Stratos. Ma Io Sono Nato Libero è anche l’album dell’ingresso in band di Rodolfo Maltese il cui apporto diventerà un contributo sostanzioso a questa nuova avventura anche se Maltese e Todaro (il primo che sostituiva il secondo), grazie alle sue illimitate capacità musicali darà un apporto notevole al sound del Banco. Ma veniamo a quest’album, unico nel suo genere, la cui apertura è affidata a Canto Nomade Per Un Prigioniero Politico dedicato al colpo di Stato di Allende in Cile avvenuto nel 1973 che è un vero e proprio inno alla libertà e lo si nota dall’atmosfera quasi surreale di un Nocenzi al pianoforte, semplicemente strabiliante, oltre che da un testo il cui passaggio centrale è un vero e proprio tazebao

“Voi condannate per comodità, ma la mia idea già vi assalta.  Voi martoriate le mie sole carni, ma il mio cervello vive ancora ancora… ancora.”

E poi

“E voi donne dallo sguardo altero, bocche come melograno, non piangete, perché io sono nato, nato libero, libero, non sprecate per me una messa da requiem, io sono nato libero.”

Ed il resto è solo del magnifico rock progressive infarcito di quella pura ricerca di libertà sonora come solo il Banco ha saputo fare in questo paese meraviglioso che ha visto tanti …. prigionieri politici.

A supporto di ciò poi una musicalità unica che apre le porte al brano probabilmente più conosciuto del Banco, quel Non Mi Rompete che ha alla base una delle melodie più semplici, base per un testo di una linearità immensa in cui si viene invitati a sentirsi liberi, a non farsi disturbare o distogliere da quanto la libertà offre.

E se la terza traccia, La Città Sottile, viaggia tra armonie di ispirazione jazz, in realtà qui si guarda con attenzione ad una piscopsichedelìa che pian piano si trasforma in un lirismo di assoluta bellezza.  Qui, i viaggi tastieristici dei fratelli Nocenzi sono una pura orchestrazione fatta di passaggi e falseggi continui ma anche di cambi che giocano tra il puro classicismo e la voce di un Di Giacomo semplicemente sublime, unica, inimitabile e capace di toccare apici inimmaginabili.

Dopo Niente E’ Più Lo Stesso è un pezzo nel quale Francesco Di Giacomo è davvero il mattatore recitativo che tutti conosciamo. Qui si racconta della storia di un uomo che torna dalla guerra e si accorge che nonostante sia riuscito a salvare la pelle, la sua anima è cambiata in modo irreversibile. E per far capire ancor più quanto la band ebbe ad esprimere con questa composizione, riportiamo da un’intervista di Big Francesco quanto dichiarò a proposito del pezzo; lo facciamo perché le sue parole spazzano via ogni ogni dubbio:

la stupidità umana fa si che un brano che ha ormai 30 anni (all’epoca dell’intervista rilasciata a Meno Occhipinti di operaincerta.it) oggi sia attualissimo (e lo è di certo tutt’ora anche se in chiave diversa). Alla fine a noi gente comune, non interessano le guerre di potere, i rapporti di forza. Ci interessa la vita di ognuno di noi. Già si ha il problema della sopravvivenza quotidiana fatta di lavoro (quando c’è), figuriamoci se dobbiamo andare ad innamorarci di momenti feroci come le guerre. Tu guarda, in questo momento, senza fare discorsi di partito, per carità, quale distorto senzo di patria si sta instillando di nuovo nelle persone. (n.d.r. pura coincidenza con i tempi che corrono?). Si parla di Nassiria come se noi fossimo i benefattori dell’umanità (……….. omissis) Perché alla nostra vita, fatta di pillole prese per un semplice mal di testa e di tre docce al giorno, si contrappone, dall’altra parte, la vita di un miliardo e mezzo di persone che non hanno nemmeno diritto all’acqua ………….. (omissis). Qualcuno ha detto “uccidere un uomo è un assassinio, ucciderne mille è una guerra”. Questo è terrificante perché quando si taglia la testa al soldato americano o viene ucciso un nostro militare sappiamo che ha una mamma, un padre, una vita. Ma trentamila morti iracheni sono bambini, anziani, donne, con desideri, sogni e bisogni come noi. Bisogna che qualcuno lo dica. (http://www.operaincerta.it/allegati/rock/articoli/06_intervista_banco.htm n.d.r.)

Questa traccia poi, trova il giusto spazio nell’album del 2014, Un’idea Che Non Puoi Fermare, dove Vittorio Nocenzi rivisita il pezzo recitato da un grande Alessandro Haber, che dimostra quanto questo brano si presti a diventare oltre che una canzone, una poesia contro la guerra.

Chiude questo meraviglioso album del Banco Del Mutuo Soccorso, Traccia II, che è la dimostrazione di come una partitura musicale, che viaggia tra sinfonismo e progressive, interamente strumentale, contribuisca a rafforzare quell’idea che qui ci si trova di fronte ad una delle più grandi band di prog-rock-sinfonico-psichedelico che l’Italia abbia saputo esprimere.

Io Sono Nato Libero è un album di una bellezza inimitabile, così come è bella la libertà che qui è narrata alla pari di quella conquistata.

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