Yes – Fragile

Fragile, album del 1972 fu il lavoro che portò all’avvento di una line up più potente della precedente grazie all’ingresso di Rick Wakeman e non solo dal punto di vista scenico (non dimenticate i suoi mantelli argentati o dorati), ma anche dal punto di vista strettamente compositivo in quanto fu proprio Wakeman ad operare nelle battaglie della band per i migliori arrangiamenti. Così, da una parte il  gruppo inglese maturò quella nuova poliedricità musicale che l’ha sempre contraddistinto, mentre dall’altra lo spettacolo live ne uscì rafforzato grazie alla complessità delle composizioni ed ai vari virtuosismi musicali. E così, pezzi come Roundabout, Long Distance Runaround e Mood For A Day risultano essere delle vere e proprie perle di saggezza progressive che amo definire “progressive avanzato”. Ascoltando attentamente Fragile non è poi così semplice accorgersi che l’album è diviso in due parti, vale a dire una parte accomunata dai virtuosismi strumentali dei componenti la band e dall’altra il rock che rende  all’altezza questo lavoro con  quanto ottenuto con The Yes Album. Se si fa caso, Roundabout, brano di apertura del disco,  ha un no so che di radiofonico ma è comunque un pezzo che pian piano diventa poco accessibile perché pieno di armonie complesse che a leggere solo lo spartito ci si chiede da dove poter cominciare. Long Distance Runaround è invece un pezzo breve ma stravagante grazie ad una presenza vocale che sembra essere impacciata, pienamente riscattata dalla scorrevolezza strumentale. Alcuni critici si sono spinti, spesso, a dire che le melodie vocali sono il punto debole di Fragile ma li sfido a questo punto ad ascoltare Heart Of Sunrise che chiude il lavoro davvero in bellezza grazie a certi richiami all’uomo schizoide del ventunesimo secolo, in arte ‘21st Century Schizoid Man, dei King Crimson. Fragile è un concept album a sè, interamente dedicato al movimento sonoro e compositivo sia per i testi che per le stesse musiche. Ma c’è una peculiarità che non va sottaciuta: qui ci sono tutti i capolavori solistici degli Yes, ci sono arrangiamenti che dire azzeccati è davvero dire poco, ci sono passeggiate acustiche di inusuale bellezza, e c’è, in modo particolare, quell’intelligenza compositiva che ha fatto grande questa band inglese che con l’avvento di Wakeman ha davvero fatto un salto qualitativo notevole. E’ poi storicamente appurato che Fragile nel contenere quattro brani del gruppo e cinque suddivisi per musicista richiamino un po’ la scia di lavori quali Ummagumma anche se poi il metodo di congiunzione su acetato è ben diverso dall’opera pinkfloydiana. E ciò fu confermato da una affermazione di Chris Squire che motivò il tutto dai tanti soldi spesi per potenziare ed ampliare tutta la strumentazione di Wakeman che entrò in questo lavoro, e nella band, come una vera e propria meteora. Va aggiunto poi che Fragile è l’avvio di una stretta collaborazione tra la band e l’illustratore Roger Dean che diventa il costruttore dell’intera immagine degli Yes partendo dalle meravigliose copertine. Fragile nell’intero suo concetto affronta il tema della natura che si evolve, così come nel disco si evolvono le complesse partiture, ma completa anche il concetto di un progressive assolutamente diverso da come lo si era ascoltato fino ad allora; infatti il progressive qui è molto più articolato, molto più studiato e sperimentato come forse non accadeva da tempo nonostante un’esplosione di gruppi che con il prog ci lavoravano tutti i giorni. Fragile è infatti l’alter ego di quello che è da sempre stato considerato il fautore di questo genere, quel Sgt. Peppers beatlesiano che ancora oggi è immaginifico. Ma provate ad accostare negli ascolti questi due lavori, ebbene con Fragile è davvero facile accorgersi quanta strada abbia fatto il rock dal Sergente fino al ’72. Ha davvero macinato tanti chilometri di composizioni, intrecci e sperimentazioni che Fragile degli Yes, spesso sottovalutato, andrebbe di certo rivalutato per quel che realmente è, e non per quel che appare. E poi non è tutto Wakeman ciò che brilla, ma è anche Anderson (splendida ed inimitabile voce), Howe (ottimo e poliedrico strumentista soprattutto nell’acustico), Squire (una tenuta bassistica unica nel suo genere), Bruford (inutile citarlo per quanto ha fatto nei King Crimson). Una grande band insomma che scriverà pagine di storia del rock.

 

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