L’Algebra delle lampade – Intervista a Paolo Tarsi

Paolo Tarsi è nato nel 1984 e vive tra Senigallia e Genova. Autore di musica elettronica e cameristica, scrive per il teatro e la video-arte lavorando regolarmente con gallerie e musei d’arte contemporanea. Specializzatosi nella composizione con il premio Oscar Luis Bacalov, collabora con musicisti provenienti da formazioni jazz e rock. Parallelamente ha svolto attività di critico musicale per numerose riviste – tra cui “Il giornale della musica”, “Alfabeta 2”, “Artribune” – e ha curato la rassegna di musica e arte contemporanea Contemporary Jukebox. Il suo primo lavoro letterario, “L’algebra delle lampade” Musica colta da culture incolte, uscito il 28 gennaio scorso per Ventura Edizioni contiene interviste a musicisti di primo piano della scena internazionale quali il premio Oscar Luis Bacalov, Ron Geesin (Pink Floyd), Emil Schult dei Kraftwerk, Paolo Tofani degli Area e così via, oltre a 52 schede dedicate a dischi di musica colta contemporanea e non solo a quelli. Lo abbiamo contattato per una chiacchierata e ne è nata questa intervista che ha gentilmente rilasciato anche se tra i mille impegni che lo vedono impegnato sia nella promozione del libro che nella sua composizione.

Prefazione all’intervista

Nel 1967 i Beatles si recano presso il parco della Knole House, residenza in stile Tudor della seconda metà del XV secolo, per girare due video: Strawberry Fields Forever e Penny Lane. Situata nella contea del Kent, questa calendar house si compone di 365 stanze, 52 corridoi (come i giorni e le settimane dell’anno) e 7 cortili (come i giorni della settimana). Ed è la stessa  struttura ad essere riproposta da Tarsi in quest’opera. Motivo per cui nella prima parte del libro sono racchiuse 52 schede dedicate a dischi di musica colta contemporanea (ma non solo), mentre la seconda comprende una serie di 7 interviste – ampliate da 2 bonus tracks finali – ad artisti provenienti dal progressive, dal krautrock, dalla new wave, dalla drone music, dal nu jazz e dall’hip hop. Segue, infine, un lunario di 365 dischi dedicato non solo a composizionicolte, ma anche ad album rock, jazz, fusion, all’elettronica, all’ambient e alle colonne sonore in un prezioso almanacco musicale volto a sottolineare l’influenza esercitata dalle avanguardie colte sui linguaggi pop.

 L’intervista

Raffaele Astore Nelle tue musiche sei spesso ispirato dal compositore olandese Jacob TV. Cosa ti ha ispirato invece per la scrittura di questo libro?

Paolo Tarsi  Apprezzo molto Jacob ter Veldhuis come compositore e quando posso eseguo le sue musiche dal vivo. Non credo però che la mia produzione possa essere direttamente riconducibile a lui, almeno non in modo particolarmente accentuato. Ad interessarmi è piuttosto il suo approccio universale alla musica, ed è con questo stesso spirito che ho scritto il mio libro.

Raffaele Astore Ho trovato il tuo lavoro molto interessante soprattutto per le influenze che la musica, quella che tu chiami colta, ha ricevuto dal rock e dal pop. Comparando i tuoi lavori di musicista quanto di questa influenza è presente nelle tue composizioni?

Paolo Tarsi  Naturalmente dipende da cosa intendiamo per ‘pop’. Parafrasando Luciano Berio si potrebbe dire che, in fondo, c’è pop e pop. Tanto per fare un esempio, negli anni Settanta con questo termine si intendeva anche il progressive rock. Era un modo per differenziare la musica prodotta dalla cultura di massa da quella degli ambienti accademici ufficiali dell’epoca. Oggi il pop commerciale, così come il jazz, è perfino oggetto di studio nei nuovi corsi dei conservatori. Sebbene addentrarsi in questo terreno in maniera generica può rivelarsi alquanto scivoloso, non sono affatto sicuro che introdurre questi generi in ambiti accademici equivalga a donare un elisir di eterna giovinezza alle musiche extra-colte. Anzi, le idee oggi mi sembrano piuttosto stanche e confuse tanto nei talent quanto in chi pratica il jazz e il pop all’interno delle accademie. Come sempre i progetti più freschi e stimolanti nascono, a mio avviso, al di fuori da questi contesti, tra la strada, attraverso il contatto con ambiti artistici di varia natura e, cosa ancora più importante, almeno dal mio punto di vista, assorbendo soprattutto una reale assimilazione del passato per forgiare in maniera salda e finalmente consapevole le nuove direzioni da intraprendere. Per rispondere infine più direttamente alla tua domanda, senza l’ascolto e lo studio approfondito di tanta musica jazz e rock il mio modo di approcciarmi all’universo dei suoni sarebbe molto più limitato. Ma oggi trovo decisamente più affascinante la scena elettronica underground, ho imparato ad apprezzare anche certi momenti del punk e l’hip hop più avventuroso.

Raffaele Astore Le tue collaborazioni vanno dai Junkfood a Paolo Tofani, da Enrico Gabrielli al rapper Zona Mc e solo per parlare degli italiani. Ma i tuoi spunti musicali scavano in particolare nel minimalismo e nella psichedelica. Ecco, la contemporaneità delle tue musiche quanto pescano da tali generi?

Paolo Tarsi  A tal proposito ci terrei a chiarire un punto: non sono, né mi sento, un eclettico. Mi interessa avvicinarmi alla scrittura attraverso un procedimento per sottrazione del materiale sonoro, evitando il superfluo e inutili retoriche pseudo-emotive. Detto ciò, amo affrontare la musica da angolazioni differenti cercando di mantenere al contempo una profonda coerenza all’interno di ogni singolo progetto.

Raffaele Astore Per scrivere “L’algebra delle lampade”, edito da Ventura, sei partito da un’ispirazione di “Strawberry Fields Forever” dei Beatles. Spiegaci meglio!

Paolo Tarsi  A fine novembre 2016 acquistai “1+” dei Beatles in cui sono contenuti, restaurati, alcuni celebri videoclip della band di Liverpool. Rivedendoli con attenzione, fui incuriosito da una residenza in stile Tudor della seconda metà del XV secolo in cui furono girati i video di “Strawberry Fields Forever” e “Penny Lane”. Si tratta di una calendar house situata presso il parco della Knole-House, nella contea del Kent. Questa residenza si compone di 365 stanze, 52 corridoi (come i giorni e le settimane dell’anno) e 7 cortili (come i giorni della settimana). Struttura riproposta in quest’opera. Motivo per cui nella prima parte del libro sono racchiuse 52 schede dedicate alla musica contemporanea e al jazz ‘colto’, mentre la seconda comprende una serie di 7 interviste pop, ampliate attraverso due lunghe bonus tracks finali. Segue, infine, un lunario di 365 dischi dedicato non solo a composizioni colte, ma anche ad album rock, jazz, fusion, all’elettronica, all’ambient e alle colonne sonore.

Raffaele Astore 52 schede dedicate alla musica contemporanea, 7 interviste e 365 album, insomma una vera e propria mediateca libraria. Come hai scelto quanto proponi in “L’algebra delle lampade”?

Paolo Tarsi  Ho voluto dare spazio a una visione più ampia e approfondita possibile delle musiche di oggi, cercando di sottolineare l’influenza esercitata dalle avanguardie colte sui linguaggi pop e viceversa. Naturalmente senza alcuna pretesa o ambizione di essere esaustivo.

Raffaele Astore Perché le lampade?

Paolo Tarsi  Il titolo del libro prende spunto da una critica rivolta da Roger Judrin, nel 1966, nei confronti di Opera Aperta di Umberto Eco su La Nouvelle Revue Française: “Che algebra pedante per accendere delle lampade senza moggio!”. Un commento di disdegnoso dissenso da rispedire al mittente, che ritrovo talvolta anche nelle valutazioni superficiali rivolte soprattutto nei confronti della musica contemporanea.

Raffaele Astore  Un disco in stile ambient ed elettronico il tuo ultimo “Loops in Cage”. Mi sembra che l’influenza contemporanea, compresa una certa influenza di Eno sia palpabile ma fortemente personalizzata o sbaglio?

Paolo Tarsi  “Loops in Cage” (2017) è un album realizzato con il duo elettronico audio-video Fauve! Gegen A Rhino. Si tratta di un progetto rilasciato per Bau 14, nato direttamente dalle sessions del nostro lavoro precedente: “Dream in a landscape” (2015). Entrambi sono concentrati su nuove interpretazioni in chiave elettronica di brani di John Cage e dell’artista Marcel Duchamp (sì, si è occupato, a suo modo, anche di musica). Brian Eno è stato sicuramente un grandissimo punto di riferimento per il mio primo progetto da solista, “Furniture Music for New Primitives” (2015), anche se, come giustamente notavi, ci esprimiamo attraverso procedimenti differenti.

Raffaele Astore Stai completando ora il tuo ultimo lavoro sonoro dove la voce compare con la presenza di Ivan Georgiev dei Tuxedomoon, poi appare un certo Emil Schult ex Kraftwerk. Nomi di peso che di te parlano in maniera forte. Come sono nati i rapporti con loro?

Paolo Tarsi  Il nuovo album sarà ricchissimo di collaborazioni, ognuna ha una storia a sé. So che può sembrare incredibile, ma è stato tutto molto semplice, i musicisti coinvolti hanno apprezzato i miei progetti passati e si sono fidati di me. Oltre ai nomi che hai già citato vorrei ricordare Scanner, Valerio Cosi, Alek Hidell e i Fauve! Gegen A Rhino, fino a stretti collaboratori di Brian Eno, Radiohead e David Bowie presenti in dischi come “Here Come the Warm Jets” (1973), “Amnesiac” (2001) e “Hours” (2004), passando per musicisti provenienti da formazioni quali Tangerine Dream, King Crimson, Afterhours, Henry Cow, Neu! e Ulan Bator.

Raffaele Astore Riguardo i Tangerine Dream tu affermi che hai semplicemente voluto ampliare lo spettro della sperimentazione. Ti sembra poco? A me no, personalmente.

Paolo Tarsi  Sono due i musicisti dei Tangerine Dream presenti nel mio disco: la violinista Hoshiko Yamane, dell’attuale formazione e il tastierista Steve Schroyder, presente in album di culto quali ‘Alpha Centauri’ (1971) e ‘Zeit’ (1972), per poi proseguire come collaboratore degli Ash Ra Tempel (‘Seven Up’, 1973). Mi sono trovato benissimo con entrambi, in modo particolare sono grato a Steve verso cui nutro una profonda riconoscenza. Senza di lui nulla sarebbe stato lo stesso.

Raffaele Astore Nel tuo “L’algebra delle lampade” consigli 365 dischi, praticamente uno al giorno. Ma all’inizio del libro, in particolare nell’Ouverture, parli dell’esperienza dell’ascolto, di sharing economy, mp3, vinili, insomma di quelle frontiere che se ampliano i nostri orizzonti uditivi stanno però distruggendo la stessa sopravvivenza di chi la musica poi la fa anzi, la compone. Esiste a tuo parere una ricetta per invertire la tendenza?

Paolo Tarsi  Credo che, per quanto riguarda la musica, ci sia prima di tutto una crisi in termini di pensiero. Sostenere che il formato fisico sia qualcosa da superare e accantonare è ridicolo. I file digitali non possono sostituire i dischi in vinile o i Cd, semplicemente siamo testimoni di un’espansione delle categorie. Tutto ciò è estremamente positivo in sé. Il pericolo? Che la superficialità si impadronisca dell’esperienza dell’ascolto, ed è quello che sta un po’ accadendo. Il risultato è che si sente molto ma si ascolta sempre meno. Il tempo, come sempre in questi casi, ci aiuterà a comprendere meglio questo momento e i suoi cambiamenti.

Raffaele Astore Nel libro sono incluse conversazioni con Roger Eno, Emil Schult dei Kraftwerk, Laraaji, Blaine Reininger dei Tuxedomon, Ron Geesin (co-autore di “Atom Heart Mother” dei Pink Floyd), Paolo Tofani degli Area e così via. Come sono nate e come sono state queste chiacchierate?

Paolo Tarsi  Come una jam, solo che al posto delle note ci scambiavamo pensieri e parole…

Raffaele Astore Paolo Tarsi compositore, ricercatore, scrittore, quale abito ti piace indossare di più?

Paolo Tarsi  La strada più affascinante, come sempre, è quella ancora da intraprendere.

Raffaele Astore E il tuo nuovo lavoro?

Paolo Tarsi  Sarà presentato il 12 luglio a Sala Dogana, presso il Palazzo Ducale di Genova, in occasione di una mostra dedicata al mio nuovo album che sarà possibile visitare fino al 29 luglio 2018. Non a caso, parte dell’artwork è curato da Ahmed Emad Eldin, ovvero l’artista che ha realizzato la cover di “The Endless River”, l’ultimo album dei Pink Floyd. Dal punto di vista musicale, invece, sarà un lavoro ad alta gradazione elettronica, complementare al precedente e più intimo “Furniture Music for New Primitives”.

Ti potrebbe interessare