Osanna – L’Uomo

Erano gli anni del rock teatro che in quel periodo imperversava; i Genesis portavano in scena i personaggi dei loro racconti musicati, e quella forma di rock travestito aveva buona presa sul pubblico sempre più numeroso che seguiva l’evoluzione del progressive gender nel suo splendore. Anche in Italia non eravamo da meno, e l’opera rock degli Osanna, Palepoli, fu l’inizio di un rock teatralizzato che vivrà il suo culmine proprio in quegli anni. Band proveniente da Napoli formatasi dall’unione tra alcuni componenti dei Città Frontale ed il fiatista Elio D’Anna, gli Osanna esordiscono con un lavoro che alla musica combina quella che universalmente verrà riconosciuta come la teatralità mediterranea. E proprio su questi presupposti venne concepito quel primo lavoro, L’Uomo. Sarà, ma è difficile che solo dopo il primo album una band possa essere consacrata eppure, proprio sulla scia di questo loro primo lavoro il pubblico e la critica li consacrano gli Osanna, sempre nello stesso anno, il 1971, come una delle migliori formazioni che si erano esibite al Festival di Caracalla. Insomma, una partenza tutta in crescendo; infatti la band firma un contratto con la Fonit Cetra ed il 10 agosto, sempre del 1971, pubblicano questo disco che manca poco per essere riconosciuto come capolavoro. Incentrato sull’esistenzialismo, il tema di questa produzione si sviluppa attraverso un concept dalle sfumature prog-folk dove proprio l’uomo è il soggetto sottoposto ad un’analisi accurata attraverso il suo modo di vivere e l’assoluta incapacità di raggiungere la felicità. E così come avviene per questo esordio anche sui palchi L’Uomo assurge ad essere al centro dello spettacolo pur tra i travestimenti facciali della band e non solo quelli. L’attenzione dei partenopei è tutta mirata a questo, l’analisi spregiudicata dell’essere uomo e maschera, e fu probabilmente per questo che i Genesis di Gabriel li scelsero, l’anno seguente che coincise con la pubblicazione di Foxtrot, come apertura di alcuni loro concerti in Italia. Ma anche se è stato conclamato ormai che il maggior splendore creativo degli Osanna coincise con la pubblicazione di Palepoli, è impossibile non prescindere da questo loro esordio che già dimostrava ampiamente la stoffa ed il carisma della band napoletana. Infatti, tutti gli elementi fondamentali di quello che saranno in futuro gli Osanna, sono già fortemente rodati in questo debutto dove il rock affonda nelle radici partenopee ma anche nella psichedelica anni sessanta, nel blues, ed in alcuni momenti di heavy rock che dimostrano la straordinaria capacità di questa formazione di saper miscelare a menadito diversi generi pur mantenendo costante la presenza della loro spiccata personalità. L’Uomo, elegante anche graficamente, si presenta musicalmente con la rabbia di quella Napoli popolare che musicalmente rende i pezzi contenuti nell’LP crudi, rabbiosi con una forte preponderanza in alcuni di un hard rock semplice ma efficace. Ne sono un esempio Mirror Train e Non sei vissuto mai. Ma ci sono anche belle melodie come la tracklist, In Un Vecchio Cieco o in L’Amore Vincerà Di Nuovo con un arrangiamento che vira tutto sui fiati di D’Anna, grande frontman della band. E comunque il disco è ben curato;  infatti gli Osanna dimostrano da subito le doti possedute passando dalle contaminazioni di cui dicevamo prima, a rare pennellate di jazz che dimostrano come questi musicisti siano non solo eclettici ma fantasiosi. Ma anche se all’inizio di questa nostra recensione dicevamo di come il tema dell’esistenzialismo scaturisse da quest’album, L’Uomo diviene subito un punto di riferimento nello sviluppo del rock progressivo italiano. Insomma un equilibrio perfetto giocato sugli stilemi della chitarra elettrica di Corrado Rustici, i testi di Vairetti ed i fiati, tra cui il sassofono, di Dell’Anna. E’ comunque acclarato che, sia per questo esordio, sia per quella pietra miliare che sarà poi Palepoli, che agli Osanna spetti quel posto d’onore che si sono ampiamente meritati nella scena del progressive italiano sia per la musicalità che hanno trasmesso sia per quello che, con i testi, hanno saputo raccontare. Probabilmente in molti li accomuneranno ai Jethro Tull, attivi nello stesso periodo, ma qui, in terra italiana, anzi, napoletana, è tutta un’altra musica.

 

 

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