Fugazi – In On The Kill Taker

Il terzo album dei Fugazi, band cruda ed unica nel suo genere, giunge nel 1993 quando l’underground inizia a diffondersi molto capillarmenteed in particolare proprio in quegli States che avevano visto nascere la band di Guy Picciotto. Tra l’altro, quelli erano gli anni in cui anche il grunge stava esplodendo con l’uscita di album quali Nevermind e poi di In Utero dei Nirvana di Kurt Cobain destinato a diventare un mito. Ma anche nomi come Sonic Youth, Pearl Jam e così via dicendo contribuivano in maniera forte a quello che sarebbe diventato uno stile di vita non solo per molti ragazzi a stelle e strisce, ma anche nel resto del mondo. Questo stato di cose che prese piede proprio in USA portò i Fugazi a tentare una specie di trasformazione, rispetto a quello che erano stati fino ad allora, facendoli diventare da vero e proprio mito del punk americano a band da mandare in radio, ma da sfruttare anche quale strumento per far fare soldi alle major, anche se per i Fugazi queste ultime hanno sempre funzionato poco data la posizione assunta dalla band che ha da sempre amato l’autoproduzione. E come ben tutti sappiamo quando di mezzo ci sono le radio e l’informazione, o vali effettivamente qualcosa oppure, per quanto tu possa davvero valere, se le major informative hanno deciso di distruggerti, e gliene capita spesso l’occasione, non si fermano molto a pensare, tutt’altro. Ma i Fugazi, oltre che band rock erano anche un messaggio forte per l’auto-fare, il non dipendere da nessuno, l’essere così autonomi ed indipendenti che, anche la loro musica aveva acquistato tali connotati. E così accadeva che mentre tante band gravitanti nell’hardcore si buttavano a capofitto su contratti e tour, i Fugazi invece si aprivano a collaborazioni con gli attivisti giovanili di Washington D.C., si battevano contro la guerra che Bush aveva voluto scatenare in Iraq e che coinvolgeva tutto il Medio Oriente, e si ergevano come band ispirati da un liberismo unico che si insediava anche nella composizione delle loro musiche. Come già accaduto per alcuni loro precedenti album, anche In On The Kill Taker parte in sordina e pian piano diventa una di quelle cose che restano, anche nella storia delle produzioni post hardcore, perché i Fugazi hanno sempre saputo rappresentare quella utopica libertà filtrata attraverso il rumore degli amplificatori di una punk-rock-band. E proprio dopo la pubblicazione dell’album, avvenuta il 30 giugno del 1993, i Fugazi stabilirono quasi un record vendendo solo nella prima settimana circa duecentomila copie entrando da subito a pieno titolo nella Billboard Top 200. E per In On The Kill Taker, che contiene solo dodici tracce, basta citarne solo due – secondo quanto i nostri padiglioni auricolari hanno recepito – e cioè Smallpox Champion che con quella sua partenza lenta crea poi un tappeto di suoni che vedono nella voce di Picciotto la recita di una sorta di sermone fatto per inveire contro gli States, nazione – secondo la concezione Fugazi – fondata sul genocidio, mentre in 23 Beats Off sembra di ritornare indietro nel tempo musicalmente nonostante poi il tema trattato resta sempre valido, anche ai nostri giorni, considerato che il pezzo parla della positività all’HIV. Insomma, una dose massiccia che investe poi tutti gli altri brani che diventano presente, passato e futuro nell’intento di rende questo favoloso disco una sorta di concept-album. E qui sono davvero grandi i Fugazi, lo sono a tal punto da generare, ancora una volta, uno di quei lavori che a distanza ormai di ben venticinque anni resta sempre attuale sia per la musica che per il messaggio. Sarà, ma solo le grandi band sono capaci di tanto. Probabilmente In On The Kill Taker non sarà una pietra miliare dei Fugazi o del post hardcore, ma il fatto che se ne parli ancora oggi lo pone su quel podio musicale che è prima “idea”, poi “politica”, “messaggio” e “futuro”. Andate a riascoltarlo per rendervene conto.

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