La prima biografia italiana di Rory Gallagher. Intervista all’autore Fabio Rossi

 Fabio Rossi non è estraneo a questi scritti; il suo precedente libro “Quando il rock divenne musica colta Storia del Prog” sviscera in modo approfondito il suo diventare “movimento” musicale, oggi ritornato più che mai, probabilmente mai del tutto scomparso o dimenticato.Questa volta, lo scrittore romano invece si cimenta con la figura di uno dei più grandi chitarristi blues, Rory Gallagher, irlandese si, ma di costituzione blues, probabilmente fra i più grandi chitarristi dopo Jimi Hendrix. Rossi analizza attraverso una ricerca documentale pignola ed accurata la figura dell’artista ma la arricchisce di aneddoti e testimonianze che lasciano il segno. Non c’è che dire per questa prima ed unica biografia italiana che, finalmente, colma un vuoto non solo in Italia, ma nel blues-rock tutto. A Fabio, abbiamo posto alcune domande su questo suo ultimo lavoro.

Raffaele Astore: Ciao Fabio, entriamo subito nell’argomento! Come nasce l’idea di realizzare un libro su un artista blues come Rory Gallaghger considerate la tua passione per il progressive?

Fabio Rossi: Rory Gallagher è uno dei chitarristi che stimo di più in assoluto e il fatto che nel nostro Paese non sia mai stato scritto un libro su di lui è stata la molla che mi ha spinto a realizzare “Rory Gallagher: il bluesman bianco con la camicia a quadri”. Riguardo il passaggio dal progressive al blues, non mi è stato assolutamente difficile dato che adoro entrambi i generi così come, d’altronde, l’hard rock, il punk, l’heavy metal, la fusion… diciamo che ho gusti molto versatili (ride). Chissà, il mio terzo libro potrebbe essere su Miles Davis o magari sui Sex Pistols! In quasi cinquant’anni ho ascoltato e apprezzato veramente di tutto: tutta musica con la M maiuscola, ovviamente!

Raffaele Astore: La raccolta documentale che hai fatto per realizzare questa tua nuova fatica, come è iniziata considerato che la documentazione in Italia su questo artista è abbastanza limitata?

Fabio Rossi: Grazie all’ausilio di amici come Pino Zito e Franco Brizi, mi sono procurato tutte le copie dei Ciao 2001 e Qui Giovani dove c’erano articoli, interviste e live report su Rory. Poi mi sono tradotto dall’inglese (una faticaccia immane!) i pochi libri scritti all’estero sul chitarrista irlandese. Infine, tanto materiale mi è stato mandato da alcune persone conosciute sul web e naturalmente fan di Gallagher; cito in particolare Gloria Selva che davvero ha contribuito enormemente alla riuscita del mio libro.

Raffaele Astore: Come hai avviato gli incontri con le persone che hanno visto live Rory Gallagher?

Fabio Rossi: Tramite i gruppi di musica esistenti sul social network Facebook. E’ stato molto semplice e estremamente produttivo.

Raffaele Astore: Uno degli aspetti più affascinanti di questo artista che tu tratti con dovizia di particolari nel tuo libro è che, a distanza di tanti anni dalla sua scomparsa, resta ancora uno degli artisti più amati. Come mai ancora ciò, fu forse anche merito di Hendrix per quanto dichiarò su Gallagher?

Fabio Rossi: Devo essere sincero fino in fondo: non sapevo che a distanza di 22 anni dalla sua morte ci fossero in tutto il mondo così tanti fan di Rory. E’ stata un’autentica sorpresa. Si ritrovano in massa ogni anno a Ballyshannon in occasione del festival dedicato allo sfortunato proletario irlandese: non credo che tanti altri musicisti vantino così tanto amore. Riguardo la famosa frase di Hendrix in riferimento alla bravura di Gallagher, credo sia una palese testimonianza della sua profonda stima nei confronti del chitarrista irlandese.

Raffaele Astore: La filosofia di Gallagher era l’amore di suonare per la gente, la predilezione del contatto umano perché la musica unisce. Tipicamente blues o gallagheriano?

Fabio Rossi: Ambedue direi!!!! Aggiungo che chi ha avuto modi di assistere ad un concerto dal vivo di Rory è rimasto talmente colpito da ricordare ogni particolare anche a distanza di tanti anni; un dettaglio non da poco!

Raffaele Astore: Ritorniamo un attimo alla raccolta documentale che hai realizzato: quali sono state le fonti che ti hanno incuriosito di più e quali invece quello che ti hanno spinto a ricercare più approfonditamente?

Fabio Rossi: Decisamente il materiale sulle riviste dell’epoca italiane e straniere. E’ stato un piacere immergersi in quelle letture che descrivono un mondo che non c’è più.

Raffaele Astore: Nel tuo libro hai cercato di dare delle spiegazioni circa la mancata affermazione di un talento come Gallagher. Qui parli anche di musicisti che non lo hanno sostenuto a dovere, eppure, con i Taste ha lasciato tracce indelebili nella musica, non intese come solchi di un disco ma come impronte incancellabili.

Fabio Rossi: I Taste si sono sciolti a causa di un manager maldestro e avaro che ha fatto deflagrare una band promettentissima. Quella formazione è stata la migliore che ha avuto a disposizione Gallagher e la loro proposta musicale era davvero versatile, basti pensare alle inflessioni progressive contenute in On The Boards. Nel prosieguo della sua carriera Rory è stato attorniato da bravi musicisti, ma privi di quel carisma necessario per addivenire al successo alla stregua dei Cream o della Jimi Hendrix Experience. Credo che questa sia stata una delle motivazioni alla base della sua mancata affermazione tra le star di primo livello, ma non è la sola, basti pensare all’idiosincrasia che Rory aveva nei confronti dei 45 giri, dei passaggi radiofonici e delle sale di registrazione.

Raffaele Astore: Cosa separa, se esiste una separazione, l’artista e l’uomo Gallagher?

Fabio Rossi: Rory era un uomo buono, un altruista, una persona molto mite e riservata. Sul palco si trasformava in una furia indomabile: se devo trovare una separazione netta tra l’artista e l’uomo Gallagher, la identifico in questa: Dr. Jekyll out the stage, Mr. Hyde on the stage!

Raffaele Astore: Tu hai dalla tua un libro sul progressive ora quello su Gallagher; nel primo si parla di musica colta, qui a farla da padrone è il blues, ma anche il blues divenne sinonimo di una cultura, c’è qualcosa che unisce questi mondi secondo te?

Fabio Rossi: La risposta a questa domanda è inclusa in una frase di Willie Dixon che ho inserito nel mio libro: “Il blues è la radice… tutto il resto sono solo i frutti”; ne consegue che se è esistito il progressive è perché prima c’è stato il blues, nella musica tutto è sapientemente collegato.

Raffaele Astore: Tra progressive e blues … non mi dire che hai cambiato genere?

Fabio Rossi: Ma no! (ride). L’ho detto prima, ho dei gusti versatili in campo musicale, tutto qua.

Raffaele Astore: Quali sono le influenze di stampo progressive su Gallagher, ce ne sono o è solo un mio modo di percepire il suono di Rory?

Fabio Rossi: Lui amava anche il jazz e questo spiega l’uso del sassofono nella prima parte della sua carriera. Durante la sua militanza nei Taste possiamo trovare tracce di “progressive blues”, così come amo definirlo io.

Raffaele Astore: Gallagher inizia a suonare nella showband Fontana, poi trasformatisi in The, Impact e dopo con i Taste dove realizza due album. Nel ’95 il suo fegato cede nonostante il trapianto. Sono molti gli artisti del mondo rock che ci hanno lasciato per i motivi più disparati. Eppure, quando Rory muore in Irlanda la sua morte viene celebrata come quella di un re. Come mai secondo te?

Fabio Rossi: Perché era una sorta di re nella sua terra. Rory l’amava a tal punto che, incurante dell’IRA, andò a suonare a Belfast dove non andava mai nessuno: lì lo ricordano ancora per questo!

Raffaele Astore: In questo periodo sei molto impegnato in giro, ma anche in trasmissioni radiofoniche, per presentare il tuo libro su Gallagher. Come sta reagendo, dal tuo punto di vista, la gente, come reagisce chi, magari di Rory ne sente parlare per la prima volta, come reagiscono i giovani che di Gallagher conoscono solo la musica e non la sua capacità di possedere e vivere il palco?

Fabio Rossi: Il libro è stato presentato il 7 ottobre a Cerea (Verona) nell’ambito dell’8^ edizione del Blues Made in Italy dove ho autografato e venduto un numero incredibile di copie. Il 31 ottobre ho partecipato ad un meeting in onore di Rory svoltosi a Bologna e curato da Max Ferlini che, colgo l’occasione, saluto calorosamente. L’8 dicembre si terrà il secondo festival italiano dedicato all’artista di Ballyshannon e il 23 dello stesso mese ci sarà una serata tutta incentrata su Rory al Monk, un noto locale di Roma: in ambedue gli eventi sarò ovviamente presente con il mio libro. Altre manifestazioni potrebbero essere realizzate a Genova, Napoli, Livorno, Torino e ancora a Roma, sotto l’egida di Dante Colavecchi. Tante occasioni per conoscere Rory e il mio saggio anche per chi non ne ha mai sentito parlare: in fondo è proprio per loro che ho scritto il libro; sinora sono stati tanti i giovani che mi hanno chiesto una copia e questo è un buon segno!

Raffaele Astore: Non essere di parte, ma dicci un motivi per cui vale la pena acquistare “Rory Gallagher: il bluesman bianco con la camicia a quadri”

Fabio Rossi: E’ un libro scritto con il cuore per il quale sono occorsi ben due anni di duro lavoro … forse basta dire questo (ride)

Titolo del Libro: Rory Gallagher. Il bluesman bianco con la camicia a quadri
Autore :  Fabio Rossi
Editore: Chinaski Edizioni
Collana: Voices
Data di Pubblicazione:  Novembre ‘2017
Genere: musica
ISBN-10: 8899759332
ISBN-13:  9788899759339

 

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