E.L.&.P. – Love Beach

Dopo il fiasco commerciale di Works Vol. 2 e dopo la tournee mondiale con orchestra che aveva quasi prosciugato le finanze della band, gli E.L.&.P. sono invitati dalla propria casa discografica, la Atlantic Records, a realizzare un nuovo lavoro che sia in grado, in breve tempo, a far ritornare la band in vetta alle classifiche. Il trio decide allora di rifugiarsi in uno studio alle Bahamas ed è forse proprio quell’atmosfera che porta il supergruppo, in caduta quasi libera dopo i fasti che tutti conosciamo, a realizzare uno dei dischi – a nostro avviso – più brutti di sempre, Love Beach. Probabilmente a tutto quanto ciò contribuirono anche i dissapori che si erano creati tra i tre sempre più decisi ad intraprendere ognuno la propria strada, probabilmente anche per ritrovare quell’entusiasmo e quell’interesse che aveva caratterizzato i primi lavori degli E.L.&.P. che avevano condotto la band inglese sull’olimpo del rock progressivo mondiale. Love Beach è completamente al di fuori degli schemi che avevano caratterizzato fino a quel momento il suono della band, un gruppo che ha lasciato un segno indelebile sia nel progressive che in tutta quella musica che verrà dopo soprattutto ora che Keith Emerson e Greg Lake non ci sono più. Di sicuro Love Beach, al di là della prima facciata, può essere ricordato per il side B che richiama proprio alcuni di quei momenti in cui la musica degli E.L.&.P. contribuiva a creare un nuovo schema di composizione rock. Già dalla copertina che raffigura i tre musicisti, a molti non sfuggiva l’incanalarsi del trio in un vicolo senza uscita, un vicolo dal quale la band non sarebbe più uscita e che ne avrebbe decretato la fine. Infatti, il risultato commerciale si dimostrò un vero flop così come risulta essere tutta la musica intrappolata nei solchi del vinile che abbiamo rimesso sul piatto per realizzare questa recensione. Le atmosfere qui risultano essere quasi in sospensione anzi, sembra proprio che gli E.L.&.P. stiano vivendo appieno quel ritrovarsi alle Bahamas quasi come dei turisti. Love Beach alle nostre orecchie è più un agglomerato di pezzi realizzati per essere mandati in radio e nulla di più, in questo disco, tutta la potenza del supergruppo, la straordinaria bravura dei musicisti è messa da parte come non mai, la loro è quasi una via crucis nella speranza di poter risorgere, ma il risorgere non è dei comuni mortali né tanto meno di straordinari musicisti quali sono stati gli E.L.&.P. Ed anche se in una intervista Greg Lake ebbe a dichiarare che Love Beach non fosse un album poi del tutto negativo, è stato comunque un prodotto che la band non solo non ha voluto realizzare ma, di fatto, è stata costretta a farlo per soli motivi contrattuali, lasciando così l’eredità di questa superband riconducibile a quelle sonorità e a quell’inventiva sempre più ancorata a quei lavori quali Tarkus, Trilogy, Brain Salad Surgey, Pictures At An Exibition, Emerson Lake & Palmer o Works Volume 1. Lì, in quegli album ci sono i veri E.L.&. P., lì c’è tutta la qualità di un gruppo che ha scritto pagine indelebili nella storia del rock progressivo. Love Beach è lo specchio di una band che ha perduto lo smalto e la creatività in un solo colpo, probabilmente stanco di essere il supergruppo che tutti avevano definito. E Love Beach non è solo lo specchio di una dissoluzione, è anche un album che dal punto di vista musicale dice poco o nulla perché la formula sonora che aveva caratterizzato gli E.L.&.P. si stava definitivamente allontanando anzi, finiva lì, ed il fatto che alla pubblicazione dell’album non seguì il tour promozionale come per altre occasioni, fu il segno indelebile della fine di una delle formazioni tra le più importanti del panorama rock internazionale. Ma, andando a scartabellare di qua e di la, e ripercorrendo la storia del trio, la stessa racconta che già in alcune dichiarazioni antecedenti la pubblicazione di Love Beach, Lake ed Emerson avevano già annunciato, di fatto, la fine del gruppo. Ma anche Palmer, in tal senso non fu da meno quando dichiarò di guardare a Love Beach come l’album triste, difettoso, un album che dal punto di vista musicale non riusciva a sopportare. Nonostante ciò, il lavoro si compone nel side 1 di cinque pezzi, tutti scritti dal Lake insieme a Sinfield con il solo contributo di Emerson su The Gambler. A questo va ad aggiungersi Canario che è l’arrangiamento rock del quarto movimento dal concerto per chitarra e orchestra di Joaquin Rodrigo, The Education Of A Gentleman, che connota ancora una volta quanto la band sia sempre legata a riletture musicali classiche. Ma quello che di questo album ci lascia particolarmente stupiti è che nonostante tutti i pezzi siano stati realizzati, come spesso accaduto nella storia di questa band (e non solo), con la collaborazione di Pete Sinfield, neanche quest’ultimo sia riuscito a donare all’intero lavoro quel tanto che probabilmente bastava a non considerarlo come una produzione di cui gli E.L.&.P. avrebbero potuto farne a meno, anche se si trattava di rispettare solo un contratto discografico.

 

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