E.L.&.P. – Tarkus

Sei giorni soli di registrazione per completare un album che in realtà è una vera e propria suite oltre che una successione di brani apparentemente non affini tra di loro. Già dall’inizio del disco, che si  apre proprio con Tarkus, diventa davvero indecifrabile descrivere ciò che i solchi propongono viste le innumerevoli linee musicali che Emerson ci mette dentro. Nonostante questo lavoro sia tutta attribuita alle idee di Keih Emerson, la presenza degli altri due componenti il supergruppo si nota, eccome, anche se poi il tastierista continua, così come avvenne per l’esordio, a dimostrare di essere davvero uno dei più grandi tastieristi rock allora presenti sulla scena, ed ora che non c’è più continua ad essere il più grande tastierista rock di tutti i tempi. In questo LP c’è il lavoro di tutti e tre gli artisti – Emerson, Lake e Palmer, ma anche di quelle esperienze che li hanno forgiati nel passato con band quali i Nice, i King Crimson e gli Atomic Rooster. Tarkus, come si può notare nella scheda di questa recensione, è suddiviso in sette movimenti dove vengono raccontate le vicende di quella mostruosa macchina raffigurata in copertina, vera metafora dell’umanità sempre cieca e sorda a quanto è capace di scatenare, vale a dire solo guerre. Ed il lavoro si inserisce a pieno titolo in quel periodo considerato lo sviluppo dei conflitti armati allora presenti in diverse parti del globo. Ed anche se la storia di questa macchina infernale non viene riportata nei testi cantati da Lake, bensì in quella copertina realizzata da William Neal, il vero messaggio alla fine è sintetizzato dall’invenzione di Emerson che ha coniato il termine unendo le parole Tartarus e carcass (vale a dire Inferno e carcassa di animale, stavolta però meccanico). Questo disco assume poi la sua importanza anche perchè capita tra l’esordio che porta il nome della band ed il lavoro che verrà subito dopo al quale il gruppo sta lavorando, in particolare Emerson, che in quello stesso periodo è impegnato a rileggere l’opera di Mussorsky dalla quale verrà tratto poi Pictures At An Exibition, uno degli album concept più importanti del rock di matrice sinfonica del quale ce ne occuperemo successivamente. Il 1971 rappresenta per gli E.L.&.P. un’ occasione da non perdere per stabilire che l’unione nata tra quei musicisti non è casuale anzi, l’obiettivo al quale i tre mrano è  sempre quello di procedere alacremente nel lavoro per rendere quella macchina da super rock una delle più solide di tutta la scena dove, la solidità, non è solo nei nomi ma soprattutto nella musica prodotta. Ma per quanto si possa considerare questo LP idea del solo Emerson,  anche Carl Palmer in Tarkus regala il suo forte contributo compositivo; e così, sia Emerson che Palmer si ritrovano, ognuno per proprio conto, a comporre, per poi ritrovarsi ed unificare le cose dando vita in questo modo ad uno degli album più concettuali della band. Ma anche qui, come nell’esordio, non mancano le influenze esterne che spingono il lavoro di Emerson; infatti, come ebbe a dichiarare egli stesso, nell’album oltre alla consueta influenza classica è facile ritrovarvi anche quella tipicamente zappiana. E così, quando Emerson presentò a Palmer e Lake il lavoro musicale completamente terminato, a quel punto mancavano solo ed esclusivamente i testi che, come accaduto fino ad allora, lo stesso Lake compose anche se, bisogna dirlo, non proprio entusiasticamente. Nonostante ciò però, quello che il bassista-chitarrista consegna alla storia della musica progressive sono forse i testi più potenti della sua intera carriera tanto che Tarkus, diventa, di fatto, una sorta di evoluzione darwiniana in senso contrario ed opposto. Non mancano poi qui sfumature che rimandano al passato come avviene in  Battlefield che sulle corde di una chitarra elettrica suonata da Lake, restituisce passaggi di matrice crimsoniana e non poteva essere diversamente considerata la sua provenienza. Il disco presenta inoltre anche dei brani davvero emozionanti quali ad esempio The Only Way, basata su una composizione di J.S. Back che gli inserimenti emersoniani e dello stesso Lake rendono pregevole. Come sempre accade nei dischi di questa band, sembra che Bach abbia un suo posto privilegiato grazie ad un amore incondizionato verso il compositore da parte di Keith Emerson e ciò non a caso; infatti il grande compositore tedesco ha sempre avuto un ruolo fondamentale nell’ispirazione musicale di Emerson sin da quando militava in un trio jazz o quando, ad esempio, si trovava ad usare uno dei tanti organi a canne presenti nelle chiese inglesi dove spesso Emerson chiedeva di fare pratica. Il brano che segue, Infinte Space, continua nel racconto avviato con The Only Way, con una prerogativa strumentale che viene concessa al pianoforte, sostenuto in questo passaggio dalla sezione ritmica mentre in A Time And A Place,  l’andatura riporta ad un rock che richiama il The Barbarian dell’esordio, con l’Hammond nelle mani di Emerson che viene sviscerato in tutte le sue sonorità possibili ed immaginabili. Chiude Are You Ready Eddy, un rock’n’roll allegro e simpatico che Emerson, Lake & Palmer dedicano al proprio tecnico del suono. Quando si parla di Tarkus degli Emerson, Lake & Palmer si parla soprattutto di Keith Emerson ma si parla anche di quell’album che inizia ad avvicinare la band verso l’ottenimento di quel suono standard che li caratterizzerà in futuro. Non dimentichiamo però che questo album è anche un passaggio che fa esplodere la complessità di tutta la musica del supergruppo avvicinandoli di fatto a quello che diventerà poi il suono standard del gruppo stesso. E ciò a conferma anche di quanto scritto dal mio amico Alessandro Staiti su Classic Rock a proposito proprio di Tarkus. “In generale, emerge in questo album, il virtuosismo dei tre, con un Palmer particolarmente creativo nell’uso di ogni tipo di percussione”. Ed ha proprio ragione in ciò perché se sia l’idea che la musica sono di Keith Emerson, Carl Palmer rende questo lavoro percussivamente ineccepibile allo stesso modo con cui lo fa Greg Lake che pur non essendo troppo convinto, alla fine entra di diritto senza sembrare un gregario, nella realizzazione dell’armandillo.

 

 

 

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