Jethro Tull- Dot Com

Un disco che porta ad un ascolto diverso dal solito, di certo divertente se si considerano le capacità andersoniane di trattare difficili temi con l’ironia dell’inglesismo vecchia maniera. Di sicuro c’è tanta di quella abbondanza “metallica” del solito Barre che interagisce con il soffice flauto di Anderson, ma musicalmente c’è anche tanto di quel bel sound al quale i Jethro hanno abituato il pubblico. Certo che su sessanta minuti di musica almeno quaranta di questi lasciano un bel segno nella discografia dei Jethro soprattutto se confrontiamo Dot Com con il precedente Roots To Branches; infatti in Dot Com ad esempio, la chitarra di Barre risulta essere ancorata in una via di mezzo tra il rock ultimo da loro prodotto ed il tipico sound tulliano che tutti conosciamo, ma ci sono anche riff solidi e memorabili che difficilmente si evita di riascoltare. A dirla tutta sembra quasi che questo lavoro si avvicini molto al primo disco dei Black Sabbath, una sorta di “metamorfosi tulliana” che l’abile Anderson riesce comunque a ben controllare e il risultato alla fine è davvero piacevole perché la band è capace di partorire quell’intreccio di gusti che pratichiamo da diverso tempo ormai. La voce di Anderson poi, dopo i malanni subiti e trasferiti negli ultimi lavori, appare davvero molto migliorata ed il segnale è quello di un vortice di suoni che sembra dire “guai ad invecchiare”. E che dire poi delle melodie? Come sempre ben concepite, nel tipico stile Jethro.

E le buone canzoni non mancano ad iniziare dalla stessa Dot Com che prende il titolo dall’album così come Wicked Windows che sembra essere stata concepita come una ballata scritta non per i Jethro ma per i Moody Blues. Ma non vogliamo tralasciare anche pezzi come Hunt By Numbers El Nino’, un bel quadro burrascoso che richiama Stormwatch con tutte le sue apocalittiche immagini. Praticamente, questo Dot Com si rivela un buon album, e questo lavoro ci induce a pensare che la storia iniziata con Rock Island e Catfish Rising continui, ma qui è continuum grazie anche alla bella voce di Naima Akhtar, britannica ma di origini indiane il cui stile è davvero unico e distintivo perché va dalla fusion al ghazal indiano, forse quel tocco magico che davvero fa di Dot Com un album che convince a dovere. E se i momenti attraenti qui sono davvero tanti, su questo disco si può solo dire che il rock viene mostrato in tutte le sue sfaccettature, siano esse dure, capricciose, da sogno o altro.

Insomma se dovessimo mostrarvi questo lavoro dei Jethro Tull attraverso un quadro dovremmo prendere uno dei lavori che appaiono sulla copertina di Pictures At An Exibition degli E.L.&.P. ma, a pensarci bene non saprei quale scegliere perché Dot Com sembra quasi essere manierismo puro; già perché se il manierismo rappresentava l’imitazione dei modelli artistici di Michelangelo e Raffaello ma era anche la sperimentazione di nuovi linguaggi e forme nell’arte, qui i Jethro di manierismo puro ce ne offrono un bel po’. Che la loro arte si stia ora spingendo verso nuove frontiere?

Ti potrebbe interessare