The Velvet Underground

Solo due settimane per realizzare le tracce base di un album dal vivo in studio. Già, perché i Velvet Underground amano la presa diretta, ma più di tutti l’ama Lou Reed il perfezionista. E’ avvenuto in questo modo l’inizio del nuovo percorso dei Velvet Underground, un’avventura nella quale entrerà a farvi parte di diritto anche Doug Yule, voluto lì da Lou Reed, la mente incontrastata dei nuovi VU dopo l’uscita di scena di John Cale. Eh si, perché se prima le menti erano due, ora rimane solo quella di un Reed che non deve più dividere con Cale la creatività e la ricerca del suono perfetto. Per l’intera band ora orfana di Cale fu davvero facile registrare questo disco, la buona atmosfera creatasi durante le session di lavoro, indusse i musicisti a scambiarsi molte idee in studio, a discutere sulle scelte armoniche semplificando sempre più i suoni, e poi qui, l’approccio musicale di Yule è ben diverso da quello di Cale, più in sintonia con quella che era la visione del Lou Reed ormai incontrastato leader. Il risultato ottenuto ci parla di un disco che segna davvero una nuova strada per la band tutta: nell’album “grigio” sono assenti espliciti riferimenti sessuali, racconti di droga e così via; qui si parla di amore, religione, solitudine il cui personaggio principale è Candy, vale a dire quel Candy Darling, travestito e superstar della Factory di Andy Wharol, che stava per sottoporsi ad un intervento di cambio del sesso. Ma tutto questo non rappresenta un cambio di rotta rispetto alle tematiche toccate nei precedenti lavori, è solo una scelta sonora, niente di più. L’album “grigio” The Velvet Underground, così soprannominato per distinguerlo, si apre proprio con Candy Says ed è questa sua apertura che ci mostra un volto diverso dai VU che il pubblico ha conosciuto finora; qui l’atmosfera è così pacata e quasi irreale, così come lo sono altri brani di questo terzo “capolavoro”. Qui è l’interpretazione di Yule che canta Candy Says  a far risaltare il senso d’amore verso un personaggio complesso come è quello descritto da Reed. Infatti, nel suo elencare tutte le diverse tipologie d’amore che vanno da quello religioso all’adulterio, all’omosessualità e così via, Reed cala una ballata malinconica a misura della confessione di Candy Darling, il travestito della Factory,  che confida a Reed di essere giunta ad odiare il proprio corpo, uno sguardo su quel dramma interiore che colpisce spesso i transessuali imprigionati come donne in corpi maschili. Di questo brano vogliamo qui segnalarvi la bellissima versione presente nel dvd Berlin, cantata insieme ad Antony Hegarty, scoperto dallo stesso Reed e da Laurie Anderson, con un Lou Reed che giunge alla fine del brano con le lacrime agli occhi. E basta una parte del testo a farci capire quanto questo sia un pezzo davvero toccante, un brano che anche se differente per sonorità ricalca tematicamente quel Lady Godiva’s Operation di White Light/White Heat: “Candy dice sono arrivata ad odiare il mio corpo e tutto ciò cui ha bisogno in questo mondo … Candy dice vorrei capire con precisione quello di cui gli altri discutono con tanta discrezione”; ed il parallelismo con Lady Godiva’s Operation  lo troviamo tutto in questa frase “Guarderò gli uccelli blu (tristi) che volano sopra le mie spalle … voglio guardarli mentre mi passano sopra … forse quando sarò vecchia … cosa credi che vedrei se potessi allontanarmi da me?” Il secondo brano del disco, What Goes On, è l’unico pezzo che fungerà da promozionale dell’album senza mai giungere nei negozi di dischi, ed infatti What Goes On, unico pezzo rock,  passerà per le stazioni radio e basta. Ma la canzone è anche un brano precursore dei tempi come da sempre lo sono stati i VU, infatti proprio What Goes On  anticipa i tempi della futura new wave grazie ad un assolo di chitarra che è di base per tutte le band new wave che verranno. Lo dicevamo nella nostra precedente   recensione e lo confermiamo qui: senza i Velvet Underground non sarebbe esistito tutto il rock che è venuto dopo. E la voce lacerata di Lou si innesta alla perfezione in quel Some Kinda Love che un bel giro di blues rende il brano “perenne” ed “intramontabile”. E’ davvero un classico questo pezzo, un classico dei Velvet Underground dove, come per il resto dell’album, si parla di amore, amori che sembrano tutti uguali, amore che nel brano viene descritto così: “in certi tipi di amore … Marguerita ha detto a Tom … tra pensiero ed espressione ci sta una vita … certe situazioni  accadono a causa del tempo e non ci sono amori migliori degli altri”. Inoltre, come ebbe a dichiarare lo stesso Lou Reed, questo è il pezzo dove c’è uno dei migliori contributi alla chitarra di Morrison. Uno tra i pezzi più amati dal pubblico è Pale Blue Eyes destinato poi a diventare uno dei brani più coverizzati dei Velvet Underground tra i quali spicca in particolare l’interpretazione di Patty Smith nel live di Stoccolma del 1976, una delle migliori artiste-amiche più apprezzate dallo stesso Reed in futuro. Anche qui, il brano scritto da Lou Reed svela senza mezzi termini la segreta relazione che Reed all’epoca aveva con una donna sposata, Shelly Albin. Ed il significato di tutto il brano fu per Sterling Morrison come una sorta di doccia fredda quando la ascoltò per la prima volta; infatti fu proprio Morrison a dire a Reed, dopo che quest’ultimo aveva fatto ascoltare il pezzo: “ Se io avessi scritto una canzone così, non ti permetterei di suonarla”. Il lato A del disco si chiude con un tema religioso Jesus. Anche qui, così come per la precedente recensione sui VU non ci soffermeremo su ogni singolo brano, perché qui è tutto il disco a rappresentare validità assoluta anzi è tutto quello che ci fu dietro la produzione che rese anche questo lavoro “futuribile”. L’album “grigio” The Velvet Underground fu registrato volutamente andando contro tutti i criteri di produzione allora in voga, un album che conserva ancora oggi tutta una freschezza particolare, sarà forse che “suona come se fosse stato suonato in un ripostiglio” (dichiarazione di Sterling Morrison all’epoca). Già, per fortuna le porte dei ripostigli però si aprono ed a volte ciò che ci trovi dentro sono cose che ti riportano indietro e che ti fanno ricordare …… e noi qui abbiamo voluto riflettere, con questa recensione su The Velvet Underground,  sui primi tre dischi del gruppo più importante nella storia del rock. Già, perché con The Velvet Underground & Nico, White Light/White Heat e The Velvet Underground questi mostri sacri sono riusciti a creare tre scuole di pensiero diverse tra loro, ma uniche. E poi se quel lontano 1967, la band con The Velvet Underground produceva quelle strutture che avrebbero portato al  rock, rock psichedelico, art rock, rock sperimentale, proto-punk, garage rock, immaginate se un album del genere fosse stato prodotto i nostri tempi cosa sarebbe accaduto. E se Brian Eno per il primo album del Velvet Underground ha dichiarato “Il primo album dei Velvet Underground ha venduto solo 10mila copie quando è uscito ma ognuno di quelli che lo ha comprato ha formato una band”, allora noi possiamo aggiungere “I Velvet Underground? Immensi e geniali è dire poco!”.

 

 

 

 

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