Jethro Tull – Under Wraps

Sicuramente quello di cui ci occuperemo qui, in questo consueto appuntamento, è l’album più controverso dei Jethro Tull, un disco che come lo stesso Anderson ebbe a definire alla sua pubblicazione, equivale ad una raccolta di canzoni folk contaminate dalla presenza di elementi moderni ed elettronica perché ciò, nel 1982, era a passo con i tempi. L’album, grazie anche a qualche discreta melodia, riesce a restar fuori da quel limbo che porterebbe tutti i critici a dire che Under Wraps è quasi un fallimento. Ad ascoltarlo, questo Under Wraps appare monotono, troppo tambureggiante, con un folk che sembra alla ricerca di nuove strade, quelle strade che non si riescono a trovare forse perché il gruppo è troppo legato agli umori di un Anderson che qui, in questo lavoro sembra abbia perso la sua proverbiale genialità e cultura. Non vorremmo dirlo ma ci sembra che la casa studio di Anderson dove l’album è stato prodotto, sembra sia stata invasa da spiriti burloni che han giocato un brutto scherzo alla band. Under Wraps oltre ad essere  il primo album dove la maggior parte delle canzoni sono state scritte dal trio Anderson, Peter e John Vettese è anche l’unico album del gruppo inglese dove non esiste un batterista perché, per quel ruolo, Anderson & C. si affidano, in studio, all’elettronica con una drum machine manipolata dallo stesso Anderson. Ed è forse proprio per questo che i fan della band si sentono un po’ traditi anzi, percepiscono che i Jethro stanno cambiando direzione e questo sentore lo si era già avvertito con il precedente lavoro, Broadsword and the beast. Ma qui, manca davvero poco affinchè l’album non diventi un fallimento quasi totale e non lo diciamo per sola nostra convinzione, ma anche perché molta critica dell’epoca ci è apparsa dello stesso avviso e poi, dalla nostra, c’è tutto lo scorrere delle canzoni che difficilmente ti colpiscono o meglio ancora, ti scalfiscono. Forse è la prima volta che scriviamo tanto in negativo dei Jethro Tull, ma il nostro è un convincimento che mette da parte il cuore per usare quegli impulsi sonori che attraverso l’orecchio, ci giungono al cervello. Under Wraps è un album troppo artificioso, con una spasmodica predominanza nelle composizioni dei brani del duo Anderson – Vettese. Ed il sound poi? Già, quello è ben lontano dai fasti di Stand Up, Aqualung, Tick As A Brick, perché qui, il suono è troppo infarcito di elettronica con la presenza innumerevole di campionatori e sintetizzatori,  e non è da un gruppo come i Jethro votarsi al nuovo sperimentalismo progressive lasciandosi indietro la propria formazione culturale e musicale. Li abbiamo conosciuti ed apprezzati proprio per quella semplicità campagnola ricca di idee e di una smisurata cultura che li ha visto gravitare sempre intorno ad idee ben precise e, per il loro periodo, attuali. Under Wraps è anche un album che dal punto di vista delle classifiche lascia molto perplessi, e così accade che negli States l’LP si piazza alla posizione numero 76 che la dice lunga su quanto il long playng fosse stato ben accolto dal pubblico americano, mentre nella classifica inglese arriva al diciottesimo. Insomma il momento è davvero cattivo per i Jethro Tull. Per quanto abbiamo cercato sempre di essere obiettivi, stavolta possiamo affermare con cognizione di causa che se non fosse per i testi, Under Wraps potrebbe fare a meno di essere annoverato nelle nostre raccolte che riguardano i JT. Questo volersi a tutti i costi sentire a passo con i tempi ha per un attimo fatto vacillare quanto di significativo i Tull avevano dato, fino ad allora, alla musica progressive e non solo a quella di madre patria. Peccato, perché tra alcuni diamanti realizzati in passato, ed alcune creazioni geniali questo è stato davvero un passo falso. Ma anche se è vero che la band ha sempre avuto alti e bassi a seconda dell’umore andersoniano, per quanto qualcuno si sforzi di dire qui la coppia Anderson- Vettese non ha poi funzionato come ci si aspettava. Under Wraps è davvero un passo falso e lo dimostra la glacialità di un lavoro infarcito fin troppo di nuova tecnologia, acusticamente lontano anni luce dalle abituali sonorità tulliane. E la melodia? Sembra essersene andata indisturbata. Forse una pausa di riflessione più lunga avrebbe giovato a tutti i fans della band ma soprattutto alla band stessa.

 

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