areARock – Puntata n. 3 del 3.7.2017 su Radio Happy Days Rete Otto, F.M. 105

La scaletta della puntata di ieri 3 luglio 2017 di areARock:

  1. Alvin Lee – Brano:  The Bluest Blues – ALBUM RACCOLTA: THE PURE BLUES

Alvin Lee (Nottingham, 19 dicembre 1944 – Marbella, 6 marzo 2013) è stato un chitarrista, cantante e compositore britannico noto per aver fondato e aver fatto parte dei Ten Years After. Inizia molto giovane a esibirsi, formando presto il celebre gruppo. Con i Ten Years After nel 1969 partecipa al festival di Woodstock dove si esibisce in un assolo di chitarra durante il brano I’m Going Home entrato nella leggenda della musica rock. Nel 1973 Alvin lascia la band per poter lavorare da solista; la riformerà nel 1989 pur sempre continuando il suo progetto solista. I suoi principali ispiratori sono stati Chuck Berry e Scotty Moore, quest’ultimo leggendario chitarrista entrato nella Rock and Roll Hall of Fame. È deceduto nel 2013 all’età di 68 anni per le complicazioni seguite a un intervento chirurgico.

2. Brano: Are You Ready – ALBUM  live Humble Pie

Gli Humble Pie sono stati un gruppo inglese titolari di un Hard Rock che pesca a piene mani dal Boogie, dal Blues/Rock e da certi motivetti di stampo quasi Pop. Il loro esordio As Save As Yesterday Is (1969) contiene una serie di canzoni che non fanno che imbrigliare qualche melodia in brani che seguivano schemi usuali e lineari. Il secondo album, quasi con piglio tragicomico, abbandonava quasi completamente la loro componente più energica per immergersi in ballate Country. In sede live però la formazione si dimostrava un po’ più istrionica, come si può ascoltare nelle registrazioni di Live at the Whisky A Go-Go ’69 (pubblicato però nel 2002) dove dilata le proprie canzoni in serpentoni di Blues. E certo che la coppia Steve Marriot Peter Frampton la  sa lunga …. con la chitarra. Are You Ready ne è un esempio.

3. Frank Zappa – ALBUM: Bongo Fury  BRANO: Muffin Man

Nella sterminata discografia di Frak Zappa c’è un solo titolo, che può avere una catalogazione precisa e questo è il live Bongo Fury. L’intero lavoro è impermeato di un’atmosfera rock blues, primo amore di Zappa, anche se nella versione folle e tutta personale del baffo di Baltimora. Registrato nel maggio del 1975 all’ Armadillo World Headquarters di Austin, per l’ occasione Zappa reclutò quella vecchia canaglia di Capitan Beefheart e i suoi più fedeli componenti delle “Madri”: tra cui i fratellini Fowler, Bozzio, Duke, Napoleon Brock. Fin dall’iniziale Debra kadabra e fino alla celebre Muffin man il grande mattatore e proprio il Capitano con un cantato allucinato forte di qualche ettolitro di birra bevuta e con l’intera band sugli scudi, con Zappa che si diverte a duellare con l’armonica di Beefheart (anche al sax) con i suoi solos così strani ma originali allo stesso tempo.

4. Gentle Giant ALBUM: GENTLE GIANT  BRANO: Nothing At All

I Gentle Giant, nonostante si fossero formati da poco tempo, riuscirono a mettersi in luce immediatamente grazie alle loro indiscutibili capacità tecniche. Il genere proposto è piuttosto versatile, con cori impeccabili e sezioni dinamiche orientate al rock alternate ad altre più suadenti, in cui emergono dirompenti il cristallino lavoro delle chitarre e delle tastiere. Non mancano divagazioni folk, soul, rhythm ’n’ blues, intermezzi dal sapore medievale, classico e jazz, che rendono l’opera eterogenea ed accattivante. Nothing At All è un must dell’intera produzione dei Gentle Giant, una sorta di mini suite divisa in tre movimenti dall’incedere mutevole tra l’approccio più melodico e quello marcatamente rock. Gentle Giant è un album vario, si passa dal Rock (Giant, Why not) al Folk (Isn’t it Quiet and Cold), da intrecci strumentali e vocali da capogiro (Alucard) a parti acustiche (Nothing at All, Funny Ways), sempre con molta classe e disinvoltura, favoriti anche dal fatto che i membri del gruppo sono polistrumentisti, perciò la loro strumentazione comprende, oltre ai principali strumenti Rock, anche violino, strumenti a fiato, tastiere elettroniche e piano. Da segnalare un assolo di batteria di Martin Smith accompagnato ad un certo punto dal pianoforte di Kerry Minnear, che sconfina nel classicismo puro con la Lieberstraum n. 3 di Franz Liszt, creando un affascinante contrasto sonoro.

5. Joe Bonamassa ALBUM: The Ballad Of John Henry 

BRANO Jockey Full of Bourbon

Per questo album, che coincide con i vent’anni dalla sua apparizione come opener di B.B. King, Joe Bonamassa si conferma grandissimo interprete, alternando composizioni originali e cover di pezzi più o meno noti, in un viaggio emozionante a cavallo tra il rock e il blues. Prodotto assieme a Kevin Shirley, è per sua natura un lavoro che va approfondito ascolto dopo ascolto, lasciandosi trasportare dal momento sulle note della sei corde di Bonamassa, sempre anche appassionato cantore di vicende segnate dal ritmo e dal sudore. Le contaminazioni boogie di “Last Kiss” e l’anima che va a riempire di vita “Jockey Full Of Bourbon” di Tom Waits sono due dei momenti migliori di questo “The Ballad Of John Henry”. il brano che vi propongo è una vera vetrina per l’abilità del chitarrista con l’acustica.

6. Dracula Opera Rock – ALBUM: DRACULA Brano:  Il Mio Nome è Dracula

Questo lavoro della PFM giunge a metà ottobre 2005, presentando un lato inedito della band, più oscuro e allo stesso tempo aperto alla moderna innovazione. Un concept album basato sul celebre racconto di Bram Stoker, che si articola in undici tracce, curate nei minimi particolari sia nella stesura delle parte sinfoniche, sia nel ruolo che ogni capitolo riveste all’interno del disco: la PFM in tutta la sua carriera non aveva mai proposto un’opera rock, un episodio discografico che permettesse di prendere un respiro dai soliti full-lenght di studio, proprio come fu il famoso Tommy per gli Who. si consiglia l’ascolto di Dracula, perché originale alternativa a tutto ciò che è stato prodotto negli ultimi anni dal quartetto italiano. Non è sicuramente paragonabile ai celebri capolavori degli anni ’70 come Storia di un Minuto o Per un Amico, anche perché sono dischi di matrice diversa, non opere Rock: tuttavia, anche Dracula costituisce una soluzione insolita e per questo degna di essere ascoltata e, se ritenuta interessante, apprezzata.

7. Greg Lake Album: KING CRIMSON: In The Court Of The Crimson King

BRANO: Epitaph

Dopo il primo album The Cheerful Insanity Robert Fripp e Mike Giles diventano un quartetto grazie alle new entry del bassista-cantante Greg Lake, del polistrumentista Ian Mc Donald e del paroliere Pete Sinfield dando vita ai King Crimson. I Re Cremisi debuttano con il rivoluzionario In the court of the Crimson King, che esce nel 1969 inserendosi a pieno titolo nel nascente filone del progressive-rock. Forti della nuova scoperta musicale del mellotron (strumento che consente di simulare il sound di un orchestra) fondono le influenze classiche con quelle psichedeliche dando vita ad uno stile maestoso, visionario, esotico, che non aveva precedenti nella musica di allora. Uno stile condito da forti tinte romantiche e influenzato dalle varianti jazz operate da Fripp, che si rivelerà poi una delle più grandi intelligenze musicali della storia del rock. In quest’album non vi sono pezzi a se, tutto il lavoro è maestoso ma Epitaph è l’apoteosi sinfonica, aperta con la maestosa presenza del sopraccitato mellotron, per ridursi ad un cantato accennato e malinconico che piano piano introduce ad un crescendo apocalittico, il tutto caratterizzato da un forte pathos.

8. John Petrucci- Purple Rain

Cos’altro possiamo dire di Purple Rain, disco del 1984 da 13 milioni di copie che fece scoprire a tutto il mondo il folgorante talento di Prince? In effetti non c’è molto da aggiungere a ciò che è già stato detto e scritto. come la maggior parte della discografia di Prince anche l’architettura di Purple Rain è pressoché perfetta nel dosare in modo equilibrato e virtuoso pop, rock, funk, r&b, sesso, umorismo e spiritualità. il piccoletto di Minneapolis un tempo conosciuto come Prince: un vero gigante nel panorama degli ottanta, e non solo degli ottanta: uno dei grandi di tutti i tempi.

9. KENNY NEAL – BLUES FALLING DOWN LIKE RAIN

Chitarrista sopraffino, armonicista ed in possesso di una voce ora calda, felpata e suadente, ora potente ed imperiosa, ha al suo attivo una quindicina di album, un vero blusman poco conosciuto ma per chi lo conosce e lo apprezza va ad essere annoverato tra i grandi per la sua tecnica ispirata, appunto ai grandi del blues.

10. Led Zeppelin Album: Physical Graffiti Brano Kashmir

La canzone è, come molti sanno, contenuta nel loro sesto e doppio album “Physical Graffiti”, Robert Plant concepì il testo durante una traversata del deserto marocchino, intitolandolo però chissà perché ad una regione indiana sin lì mai visitata, né da lui né da qualcun altro del gruppo. Mirabile la sua abilità nell’inserirsi melodicamente fra le cannonate della ritmica e del resto degli strumenti in poderoso staccato, descrivendo un serpentesco e fascinoso percorso di canto (per terze, come la chitarra e fregandosene di batteria e basso) che avvolge di esotismo e mistero la marziale cadenza.

11. Management Del Dolore Post-Operatorio – Un incubo stupendo

A farla da padrone in “Un Incubo Stupendo”, nuovo disco del Management del Dolore Post-Operatorio, uscito a quasi 10 anni dal primo (per la precisione sono già 9 anni, e viene da sudar freddo a pensarci), sono come al solito le melodie di Luca Romagnoli e gli arrangiamenti di chitarra di Marco di Nardo, che per l’occasione si è anche improvvisato produttore artistico e quindi dittatore in studio. i Management, ovviamente, non sono solo musica ma anche testi,

12. OSANNAALBUM  Rosso Rock Brano: Rosso Rock

Che negli ultimi vent’anni sia tornato ad esserci un forte interesse nei confronti di un genere come il rock progressivo è indubbio. Esploso nei primissimi anni Settanta, figlio della psichedelia del decennio precedente, il prog ebbe la sua parentesi gloriosa, per poi lasciare spazio a generi più accessibili, come la disco ed il punk. L’Italia ebbe una scena molta vivace e tale era la risposta del pubblico che, per intendersi, formazioni di lusso come i Genesis avevano più successo da noi che in madrepatria. “Rosso Rock”, oltre ad avere il pregio di essere suonato e registrato benissimo, ha la qualità di riuscire a condensare in poco più di quaranta minuti tutto il suono del gruppo, impresa non facile. Quello degli Osanna, infatti, è un progressive vario ed intelligente, che racchiude in sé mille sfumature, non ultima, per forza di cose, la musica della tradizione napoletana.

13. Peter Gabriel Album: Peter Gabriel I: Car Brano: Here Comes The Flood

Abbandonati i Genesis ad una lunga e triste agonia che si protrae ancora ai giorni nostri, nel 1976, Gabriel decide di dare un taglio netto (ma ancora non così netto) con il passato volendo ricostruire da zero una nuova carriera e soprattutto creando un originale stile personale nel comporre musica. E per fare i primi passi nel suo cammino solista,chiama in aiuto due grandissimi personaggi legati alla storia del progressive(di cui il disco presenta ancora delle leggere tracce): nientemeno che il Re Cremisi alias Robert Fripp e Tony Levin, importante collaboratore degli Yes e dei prima citati King Crimson. Le premesse sembrano promettere un album di grandissima qualità musicale e difatti Peter Gabriel non delude le aspettative generali; nel 1977 vede la luce il suo primo grande capolavoro intitolato “Peter Gabriel I: Car”. Un disco pervaso da un forte sentimento di malinconia l’apice dell’album, per una delle ballate più belle di Peter Gabriel, alias “Here comes the flood”, che credo dal vivo possa provocare emozioni ancora più grandi di quante non ne possa dare la versione acustica. Una flebile base di organo allieta la dolce voce di Gabriel fino all’esplosione nel ritornello: La morte viene concepita come un’ascensione,una liberazione dai corpi terreni e il canto diviene struggente e disperato ma anche gioioso.

14. Queens Of The Stone Age  ALBUM: Songs for the Deaf Brano: No One Knows

Songs for the Deaf, terzo album dei Queens of the Stone Age, è sicuramente uno degli album rock più importanti degli anni zero. Josh Homme recluta intorno a sé, oltre al bassista Nick Olivieri, due grandi pilastri del grunge: Dave Grohl (finalmente di nuovo alla batteria) e Mark Lanegan (già presente nel precedente Rated R). L’album è sicuramente il più riuscito dei Queens e forse dovrebbe essere annoverato tra le pietre miliari del rock delle ultime generazioni. Le quindici canzoni scorrono rapide senza incertezze e senza pretese tecniche o intellettuali. Un rock puro, volutamente non raffinato, diretto e bollente come le sabbie del deserto californiano.  No one knows, un pezzo battente, ritmato e forse uno dei più divertenti dell’album con un ritornello irresistibile tra rullate isteriche e violenti chitarre stoner.

15. Steve Marriott – I Don’t Need No Doctor

Gli Humble Pie sono stati un supergruppo rock britannico formato nel 1968. La formazione iniziale comprendeva Steve Marriott (che in precedenza era stato cantante, chitarrista e compositore degli Small Faces), Peter Frampton (in precedenza cantante e chitarrista dei The Hred), Greg Ridley (in precedenza bassista degli Spooky Tooth) e il diciassettenne batterista Jerry Shirley. Anche se di grande successo negli Stati Uniti, restarono molto seguiti anche in Gran Bretagna. Sono soprattutto ricordati per l’energico set che proponevano dal vivo nei primi anni ’70 e per canzoni quali 30 Days in the Hole e I Don’t Need No Doctor. L’etichetta A&M Records che li mise sotto contratto puntò subito al mercato americano e il nuovo manager Dee Anthony li convinse ad abbandonare il suono unplugged con cui gli Humble Pie erano soliti aprire i concerti, consigliando un sound più elettrico e rumoroso e spingendo Marriott a divenire il vero frontman. Come conseguenza, il terzo album Humble Pie e il quarto Rock On rappresentano un’evoluzione verso uno stile tra progressive e hard rock, mentre i concerti negli Stati Uniti consacrarono la grande popolarità delle loro esibizioni dal vivo: Performance Rockin’ the Fillmore uscito nel 1971 ne è la testimonianza, con l’epica traccia veloce-lenta-veloce I Don’t Need No Doctor. Frampton si licenziò dalla band all’uscita dell’album e cominciò una lunga e fortunata carriera da solista

 

16 Jimmy Page & Robert Plant Album [No Quarter 1994] Brano: The Rain Song

L’anno è il 1994. E la notizia ha suscitato scalpore ed entusiasmo: Jimmy Page e Robert Plant di nuovo insieme. Ma questa volta non per una esibizione isolata in un qualche festival locale, bensì per realizzare un nuovo disco, a 15 anni dall’uscita dell’ultimo dei Led Zeppelin. Tutto nasce dalla proposta di partecipare al programma “MTV Unplugged”. Page & Plant colgono allora l’occasione al volo: tornare insieme per suonare ancora le canzoni dei Led Zeppelin riarrangiate in chiave orientale. immy e Robert erano ancora insieme per proporre qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima di loro: volevano tornare a “vivere una nuova giovinezza”. Detto fatto: registrano in Marocco quattro nuove canzoni con dei musicisti locali (“Yallah”“City Don’t Cry”, “Wonderful One” e “Wah Wah”) e partecipano con al seguito una quarantina di musicisti orientali e non  allo show, il 12 ottobre del 1994, riscuotendo un enorme successo. “No Quarter: Jimmy Page & Robert Plant Unledded” è quindi un album molto interessante perché mostra un territorio ancora inesplorato nell’ambito della musica, a molti di noi sconosciuto, e apre a noi occidentali le porte verso una nuova realtà, che magari non sapevamo neanche esistesse. A Page & Plant va inoltre il merito di aver fatto una scelta che apparve molto coraggiosa e ambiziosa. Rain Song, un brano minore, di quelli sussurrati che parla di un amore davvero inattaccabile. Versione da brividi. Arpeggio, voce delicata e lento ingresso dell’orchestra, emozionante come poche volte accade ancora alla musica, sanciscono l’inizio della ballad che un tempo si chiudeva in tandem con The Song Remains The Same. L’intesa fra i due è così che Plant ammira Page senza fiatare, quasi per non deconcentrarlo fino all’arrivo dell’ultima nota con pochi fugaci cenni d’assenso e l’ammirazione assoluta del singer. Un’esecuzione esemplare: capolavoro.

Ti potrebbe interessare