Van Der Graaf Generator – Pawn Hearts

I Van Der Graaf Generator con il loro Pawn Hearts rompono di fatto il percorso realizzato con il precedente H To He Who Am The Only One che aveva già fatto notare lo straordinario utilizzo della voce da parte di un Peter Hammill che rappresenterà, anche nel proseguo della carriera solista, quanto la sua sia davvero stata una fondamentale figura del progressive. Hammill, figura simbolo dei VDGG, ha una personalità forte ed appassionata che si riversa nella sua inconfondibile voce, a volte calma, a volte eruttiva ed aggressiva, qualità queste che completano il suono di una band alla continua ricerca di atmosfere particolarissime per il suono ed il periodo in cui il progressive era al suo massimo splendore. Questo nuovo, sublime lavoro dei Van Der Graaf Generator, insieme al precedente H To He Who Am The Only One condividono oltre che la qualità una bellezza straordinaria per il suono nonostante in Pawn Hearts siano stati usati passaggi discordanti ed allo stesso temo sconvolgenti che vanno dall’avanguardia al prog intriso di jazz e dove non sono mai assenti toccate strabilianti. I brani di questa produzione a volte sembrano davvero strani ma nel loro andare rivelano, nella loro struttura complessa, armonia con i testi e le emozioni. Ad esempio uno di questi momenti, che è poi diventato memorabile, è Men Erg dove un tempo in crescendo, abbastanza impegnativo, viaggia in parallelo con i suoni dei sintetizzatori di Hugh Banton, lasciandosi poi degenerare nella descrizione di un paesaggio che induce ad abbandonarsi grazie alla voce del solito Hammill che non si lascia di certo ammaliare dalle abilità di un David Jackson capace di incunearsi nel pezzo con dinamiche musicali complesse. E sono proprio questi movimenti e questi suoni che creano la base perfetta per quella che è stata l’esperienza di Pawn Hearts, album sublime, fantastico, quasi extrasensoriale.

Ma il senso di questo disco immenso sta nella capacità dei VDGG di aver saputo condensare in poche tracce una grande ricchezza lirica, il toccare con leggerezza questioni politiche, la natura umana, il potere, tutte sensazioni queste trasmesse attraverso i testi che a volte sono inquietanti metafore ma che di fatto fanno percepire una positività finale al vivere. Uno degli esempi di quanto detto lo si trova nel capolavoro di apertura Lemmings, un brano che tocca nella loro fragilità i corrotti che governano e che la gente sente ostile, un esempio sociale al giorno d’oggi ancora attuale. Ed è davvero bello ascoltare una così bella e provocatoria poesia, presentata in una veste innovativa che eleva il contenuto lirico e musicale al massimo splendore. Se pensiamo al movimento che il progressive sprigionò in quel periodo, mettendo da parte In The Court Of The Crimson King il lavoro che diede il via a tutto, Pawn Hearts rappresenta il vero apice di tutto il progressive. In una dichiarazione di Hugh Banton, tastierista dei VDGG lo stesso affermò che “Pawn Hearts è pieno di cose assurde, rasoi psichedelici, effetti sonori, nastri mandati al contrario… volevamo provare ogni cosa. Non passavano cinque minuti senza che qualcuno di noi se ne uscisse con qualche idea assurda, e John Anthony riusciva sempre a trovare il modo di realizzarla”. E proprio a tal proposito, in occasione di una nostra intervista a Paolo Carnelli, autore di Van Der Graaf Generator, Pawn Hearts – Storia, immagini, parole, musica ci disse “L’assurdità intesa come sfida, come voglia di sperimentare senza porsi limiti ha rappresentato il motore principale dell’album, non solo in sala di registrazione ma già in fase di scrittura e di composizione”.

Pawn Hearts è un vero capolavoro, un progetto musicale su cui è stato costruito tutto il futuro del progressive perché è la struttura dell’album il vero segreto che ne fa un capolavoro. La mutazione continua della musica e dei messaggi, l’estro di un Hammill stravolgente e mutante, i musicisti che compongono la band quali Hugh Banton, Guy Evans, Peter Hammill, David Jackson, l’apporto di Robert Fripp alla chitarra elettrica in Man Erg e in A Plague Of Lighthouse Keepers, l’intero disco che emana atmosfere dark progressive, fanno di Pawn Hearts un capolavoro di tutto il genere prog anche se a noi piace dire “di tutto il rock di derivazione classica”. Un album che rappresenta qualcosa di incompreso, forse di ultraterreno, un lavoro carico di emozioni complesse, intriso di una personalità unica come solo i VDGG potevano realizzare, un cantico progressive da tramandare ai posteri senza scuse e senza perché, un album dove flauti, sassofoni, mellotron, chitarre descrivono, anzi dipingono un quadro irreale ancora oggi, a distanza di ben quarantasei anni dalla sua pubblicazione, tutta da definire. Ecco perché Pawn Hearts piace sin dalla copertina, un vero dipinto ultraterreno.

 

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