Jethro Tull – Minstrel In The Gallery

Nel 1975, il rock progressivo ed in particolare quello ad estrazione psichedelica, era riuscito a guadagnarsi l’olimpo grazie ai tanti gruppi che avevano prodotto album a dir poco meravigliosi. Per fare un esempio quanto più concreto possibile, il 1975 era stato l’anno in cui i Pink Floyd avevano pubblicato Wish You Were Here, un album destinato a diventare un monumento della psichedelìa più avanzata, che conteneva anche degli ottimi spunti prog. Ma in questo panorama variegato, musicisti come i Moody Blues o gli E.L.&.P. erano ormai giunti al massimo della loro parabola, mentre altre band come i King Crimson, i Genesis, i Rush continuavano lungo la strada intrapresa. Un discorso a parte tra quest’ultimi meritano i Genesis che avrebbero continuato nel loro splendore nonostante l’abbandono di Gabriel, sapientemente sostituito da Collins. E così, oltre ai Pink Floyd, toccava a gruppi come ai Jethro Tull continuare ad essere punti di riferimento nel complesso panorama progressive, anche se per quest’ultimi si registrava un vero e proprio allontanamento dalle solide fondamenta costruite fino a Benefit, a favore di una struttura,  sia musicale che intellettuale,  ben diversa da quella fin lì perseguita e poi sfociata nella realizzazione di Minstrel In The Gallery. Infatti, il lavoro in questione, visto più dalla prospettiva di un uomo che ha girato il mondo e che ora è in grado di commentare in modo ben diverso grazie, appunto, a quella maturità acquisita già fatta trapelare con War Child, diventa una piccola svolta nella concettualità della musica dei JT. E così,  se nei lavori precedenti il rock prodotto è più vicino agli usuali canoni, nonostante le influenze folleggianti sempre più ricercate, in Minstrel In The Gallery lo sviluppo acustico è ben congegnato e memorabile. Ascoltando l’album, si nota come l’acustico sia sempre presente e come i brani non rispecchino le caratteristiche precedenti dove, gli stessi, erano alimentati da assoli strumentali, mentre qui è presente  invece una sapiente orchestrazione ed amalgama di gruppo. Ebbene come avvenuto per alcuni album che vanno dal 1968 al 1974, anche in questo Minstrel In The Gallery la band ha una propria arma che corrisponde al nome di David Palmer (nata David Victor Palmer) che entrerà ufficialmente nella line-up l’anno successivo per abbandonare poi nel 1980 a causa di disaccordi con Anderson. Palmer qui è un vero e proprio George Martin, capace di aggiungere essenzialità musicale nei brani con un uso lineare e mai invasivo di effetti orchestrali e tastieristici, che portano a rimodellare il sound prodotto a favore di una linearietà essenziale. Minstrel In The Gallery è quasi una sorta di racconto autobiografico, come per altre produzioni tulliane, dove si nota quanto notevole sia lo sviluppo e la crescita nel songwriter. Prendiamo ad esempio Baker St. Muse che proietta Anderson e la sua band a conquistare l’apice della creazione con una composizione ed esecuzione davvero ammirevole anche se non manca la solita sfilata di emarginati cui i Jethro Tull hanno abituato. E comunque non è vero che Minstrel In The Gallery contiene sono ballate piacevoli; Martin Barre ha qui tante occasioni per introdurre anche nei brani meno appariscenti esplosioni di energia come avviene in Cold Wind To Walhalla o in Black Satin Dancer. Ed escludendo le sonorità acustiche contenute in questo lavoro è quanto mai facile accorgersi come la divisione dell’album è ben concepita, un album che è un piacere per le nostre orecchie, capace di trasportare l’ascoltare da momenti acustici e folk al rigido rock. Certo anche qui non mancano aperture deliziose, il caso di Grace che chiude il lavoro è emblematico, ma bisogna comunque dire che per i Jethro Tull, dopo i successi registrati dall’esordio fino a War Child, anche se cosparsi di non sempre ottime musicalità degne del nome Jethro, è necessario un cambio di rotta, magari con un ritorno a quella miscela esplosiva di folk e rock che avevano fatto di questa band un caposaldo del progressive. Che non sia tutto da addebitare a quello che da lì in poi verrà considerato come il declino prog?

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