Jethro Tull – Tick As A Brick

Se davvero esiste un capolavoro assoluto nella storia del prog-rock-folk questi è sicuramente Thick As A Brick dei Jethro Tull. E’ marzo del 1972 quando il disco viene pubblicato ad appena un anno dall’uscita di Aqualung. Per quei tempi, Thick As A Brick è considerato un album “sperimentale” perché spinge il concetto di prog suite fino a configurarsi come un unico brano senza segni di continuità.

Concepito in Svizzera, mèta già di altre band come i Rolling Stones che si rifugiano in terra neutrale sfuggendo così alle pretese dei governi di pagare le tasse, Thick As A Brick si prende tutte e due le facciate del long playing e diventa ben presto, un nuovo esempio di concept album.

Questa magistrale produzione dei Jethro è potente e maestosa allo stesso tempo, un disco che continuamente dà e fa subire all’ascoltatore scariche emotive ed emozionanti grazie ad  un prog sinuoso come solo Ian Anderson e i Jethro sanno fare.

L’LP colpisce fin dalla sua copertina, un disco che nella sua completezza anche patinata è un vero e proprio pezzo da collezione in quanto è proposto come  un tabloid di ben dodici pagine, dove la prima e l’ ultima pagina dello stesso tabloid sono usate come fronte e retro del disco.

Il giornale di Thick As A Brick, il St. Cleve  Chronicle, contiene la descrizione di quanto accaduto al giovane Gerald Bostock che era stato squalificato dopo aver vinto un premio per il suo poema epico Thick As A Brick, appunto, a causa delle proteste del pubblico scandalizzato dopo la lettura.

A questo punto ci vorrebbe un trattato per narrare di questa splendida copertina, ma lo spazio qui è tiranno ed allora consiglio ai nostri lettori di osservarla con attenzione, nei dettagli perché ne vale veramente la pena.

Musicalmente parlando, l’album è un insieme di tutte quelle influenze che verranno assorbite dopo questo lavoro dai Jethro e che ritroveremo poi nei due lavori più folk della band di Anderson, Songs From The Wood  ed Heavy Horses.

Il sound che il disco propone è potente, essenziale e bello da ascoltarsi,  e se pur nella difficoltà di un brano unico che va dalla prima alla seconda facciata, costringendoti a seguire la musica come una sorta di libro quando si volta pagina, il lavoro proposto dalla band del folletto Anderson,  è un progressive rock che spazia sul pentagramma come ben poche altre band dell’epoca sanno fare (è il caso dei Genesis).

Certo che l’idea celata dietro questo “capolavoro” è unica, un’idea che solo Ian Anderson poteva proporre ovvero che tutta la canzone contenuta nel disco,  pur raccontando una storia, è una storia inventata come lo è il ragazzino di dodici anni, il protagonista del racconto, Bostock.

Ma se l’ntuito di Anderson si rivela sin da subito geniale,  la musica è una vera esplosione di generi; intrisa di barocco, folk, orchestrazioni, è lei a dare  il senso di quella originalità ed unicità che probabilmente la band cercava, peculiarità che nel tempo si dimostrerà essere uno di quei tasselli fondamentali di tutto il Progressive mondiale e del rock più in generale.

Sarà, ma opere come Palepoli dei nostrani Osanna, prenderanno forse esempio da questa produzione che sarà replicata più in là con il meno fortunato A Passion Play.

E’ strano però che in patria Thick As A Brick riceva critiche negative dalla stampa mentre in Europa e negli States l’album va così bene anche nelle vendite, ma soprattutto nelle recensioni e nelle critiche che lo proietteranno e lo faranno restare, per sempre,  tra i “classici” del rock.

La suite di Tick As A Brick è tessuta come una sorta di ragnatela di suoni dove gli strumenti la fanno da padrone; Andreson oltre al flauto, chitarra acustica, canto, suona anche violino, sassofono e tromba; Martin Barre si cimenta sia con la chitarra elettrica che con il liuto mentre, John Evan, è all’organo, piano ed arpa e Jeffrey Hammond Hammond è al basso per un delicato lavoro di ritmica insieme a Barriemore Barlow che alla sua batteria ha aggiunto timpani e percussioni varie.

Ulteriore importanza al concept è data poi dal messaggio che la band, e Anderson in particolare, vogliono trasmettere; Thick As A Brick è un mezzo anche politico per criticare la qualità di quello che la moderna società occidentale impartisce ai giovani, una critica al concepimento di un’educazione che tende solo a trasmettere principi morali in grado di mantenere in vita il sistema sociale così come è, senza evoluzione dello stesso.

Ed è un fondamento epico, ma allo stesso tempo anche politico, quando in Thick As A Brick Anderson e la band intonano

“Il Poeta ed  il Pittore proiettano la loro ombra sull’acqua

mentre i raggi del sole giovano sulla fanteria che ritorna dal mare

Solo Colui che fa o Colui che pensa: non può restare nulla per l’altro

e intanto la luce che cala illumina il credo dei mercenari”

vale a dire che il passaggio qui, come accade in tutto il disco è, come al solito, allegorico; l’immagine dell’acqua (mare ed onde) è il simbolo di quelle nuove tendenze, delle mode e della cultura di una società che i “movimenti giovanili” non accettano.

A parte le metafore, in  Thick As A Brick  Anderson fa anche ricorso a nozioni storiche della Gran Bretagna. Per oltre mille anni i giovani sono stati usati per tutti i tipi di spedizioni militari: le varie guerre con la Francia, le spedizioni dell’era elisabettiana, la colonizzazione, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale etc. Tutto questo ha causato anche gravi problemi economici ed uno sociale in particolare che non può essere trascurato: la reintegrazione nella società della “fanteria che torna dal mare” ( i giovani).

Ed è questa posizione che indurrà poi la band con altri album quali Songs from the Wood ed Heavy Horses a dipingere la vita campestre con una saggezza musicale semplice ed armoniosa, una saggezza che si tocca e si percepisce con non accade spesso, insomma, quasi un allontanamento dal “politico” messaggio di Thick As A Brick.

A parte tutto però, ciò che rende questo disco un capolavoro, sono un Anderson ed una band, i Jethro Tull, politici e non solo, allegorici ed unici nella loro produzione forse più bella, dopo quella di Aqualung alla quale, comunque, restiamo molto legati per l’evoluzione storica che rappresenta per la band. Poche band hanno saputo rendere quanto hanno fatto i JT, lo dimostra il fatto che nonostante gli anni questo Thick As A Brick resta ancora un disco fresco e….giovane.

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