Camel – Mirage

Continuiamo il nostro viaggio nel progressive canterburyano, e questa volta ci occupiamo di un altro gruppo, spesso considerato minore, ma che in realtà ha molto contribuito allo sviluppo della musica rock degli anni ’70. Stiamo parlando dei Camel che iniziano le loro pubblicazioni nel 1973 con “Camel” e che ad un anno di distanza, nel 1974, realizzano il loro capolavoro assoluto, Mirage ,destinato a diventare una delle pietre miliari non solo del Canterbury sound ma di tutto il rock progressive che verrà.

Il disco, ispirato ai racconti di Tolkien, è composto da sole cinque tracce, uniche nel loro genere. Registrato tra gli Islands Studios e la Decca Studios, l’album fa subito notare le capacità tecniche e musicali, ma anche compositive, di ogni singolo componente la band che comprendeva Andrew Latimer alla chitarra, voce e flauto, Peter Bardens all’organo, pianoforte, mini moog, mellotron e voce, Doug Ferguson al basso elettrico e Andy Ward alla batteria ed alle percussioni.

Mirage è quasi come il lavoro precedente, e ci sembra giusto dire quasi perché in realtà questo disco è molto più “ricercato” nei suoni, più “sviluppato” e “colorato” del precedente, soprattutto se si guarda a quanto è capace di trasmettere all’ascolto.

Il loro, quello dei Caravan, è un sound che si distanzia un po’ più dal jazz e si avvicina molto a quel progressive sound di estrazione sinfonica. Ciò è dovuto in particolare alla formazione musicale dei singoli componenti provenienti quasi tutti dal rock blues di matrice anglosassone, ed è stato proprio questo che ha contribuito a rendere i Caravan la band la più famosa uscita dalla scena di Canterbury. Mirage, in rapporto ad altre produzioni similari del periodo, dimostra un impatto sonoro magnifico, fatto di una miscela musicale che nella sua diversità lo rende unico tanto da farci affermare che questo lavoro ha oggi influenzato moltissimi gruppi che sono oggi l’asse portante del neo prog.

Cinque soli brani sono più che sufficienti ai Camel per rendere grande questo disco; l’inizio è composto da tre tracce vocali che lasciano stupefatti fino a giungere poi  ai due strumentali che mettono in forte risalto la maestrìa sonora di questo gruppo che ebbe anche qualche noia con il cammello raffigurato sulla copertina. Bellissime sono le linee armoniche della chitarra di Andrew Latimer che in Nimrodel/The Procession/The White Rider fanno da sfondo ad una capacità di narrazione dell’intera band che si destreggia in una composizione di quasi dieci minuti. Ma anche il brano di apertura Freefall è superbo: apertura fatta con un singolo accordo che cresce costantemente per giungere poi, dopo “acidicità” inusuali, a riallacciarsi ai passaggi iniziali del brano che si potrebbe definire “rotondo” (un principio, un divagare, un ritorno). E non mancano poi le atmosfere alla Pink Floyd (anche se nel 1974 i Floyd non pubblicheranno alcun album) che verranno con l’inserimento, alla fine del brano, dell’effetto con il quale ben si percepisce lo scorrere di acqua corrente che scende in un recipiente.

Altro capolavoro assoluto che non può essere trascurato in questo Mirage, è l’ultima traccia del lato B del disco, Lady Fantasy, scritta a quattro mani con Peter Bardens ma che coinvolge tutta la band, in grado di diventare sin da subito uno dei pezzi più importanti di tutta la carriera dei Camel. Qui, ogni sezione della traccia è curata nei minimi dettagli e l’emozione trasmessa è davvero unica, come unico è tutto il Miraggio che il gruppo di Canterbury vuol regalare agli ascoltatori, anche quelli meno avvezzi a questo genere di sound.

Come spesso accade però non sempre si è profeti in patria; infatti Mirage non ebbe il successo che si meritava in Inghilterra mentre fu un’ ottima affermazione negli USA dove furono in tour per ben tre mesi.

Sarà, ma l’album Mirage che si richiama ai racconti di Tolkien, continua ad essere unico anche ai giorni nostri, e tutto ciò a dispetto dei mille problemi che la copertina del disco causò alla band. Come a dire …. pubblicità e progressive!

Non fatelo mancare nelle vostre discografie, vi mancherebbe un pezzo di storia! E che storia!

 

 

 

 

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