Maledetti: la ‘reinvenzione’ degli Area di Enrico Merlin e Valerio Scrignoli

Copertina MaledettiDue chitarre elettriche rileggono il leggendario ‘International Popular Group’: un’operazione dissacrante e audace che parte dalla musica di Demetrio Stratos e compagni per avventurarsi tra improvvisazione e libertà creativa. 

ENRICO MERLIN, VALERIO SCRIGNOLI electric guitar duo 

Maledetti

[Area Music] 8 tracce | 52:34

Musicamorfosi (distr. Egea)

«Un disco dedicato alla musica degli Area, probabilmente il gruppo più rivoluzionario e innovativo della storia della musica italiana, è divenuto l’occasione per noi di rapportarci a quelle sonorità con un approccio personale e dissacrante. La musica che ne nasce non è ripetizione pedissequa, ma tensione verso la contemporaneità e frutto di una visione alternativa». È una dichiarazione precisa, programmatica, quella di Enrico Merlin e Valerio Scrignoli: i due chitarristi elettrici – diversi per estrazione e orizzonti ma accomunati dalla libertà creativa e dalla voglia di esplorare ai confini tra i generi musicali – sono pronti ad uno dei lavori più ambiziosi delle rispettive carriere: Maledetti (Area Music), una rivisitazione – anzi una “reinvenzione” – originale, dissacrante, iconoclasta, di otto classici degli Area. Maledetti è prodotto da Musicamorfosi, l’attivissima associazione musicale del milanese diretta da Saul Beretta che da quasi venti anni organizza festival, produce musica e dischi senza confini fra i generi, puntando sempre verso progetti innovativi e di grande qualità culturale.

Evaporazione, La Mela di Odessa, Cometa Rossa, Hommage à Violette Nozières, L’Elefante Bianco, Luglio, agosto, settembre (nero), Vodka Cola e Il Bandito del deserto: questi i pezzi degli Area che i chitarristi hanno scelto di interpretare, ovviamente alla luce della propria personalità e assecondando le scintille nate all’impronta in sala di registrazione. Non un disco di tributo, men che meno una sequenza di cover, ma uno spunto, uno stimolo, un trampolino di lancio per avventurarsi tra le possibilità improvvisative ed espressive offerte dalla musica degli Area. Non è un caso che le due chitarre si addentrino in brani così caratterizzati dalla voce di Demetrio Stratos oppure in pezzi del 1978, nei quali la riconoscibilissima chitarra di Paolo Tofani era assente; inoltre Merlin e Scrignoli lavorano anche su connessioni e soluzioni sorprendenti, tirando fuori citazioni e rimandi che vanno dal tema di James Bond a Joe Zawinul, passando per Miles Davis e King Crimson.

Dichiara Enrico Merlin: «Quando ci è stato proposto di affrontare il repertorio degli Area, ho pensato che fosse una follia. Musica in cui gli elementi improvvisativi erano generati o strettamente collegati a composizioni molto strutturate, complesse, ricchi di polimetrie e multiritmie. Ci abbiamo lavorato un po’ su e, come per gli altri repertori “sacri”, siamo riusciti (credo) a trovare una via alternativa all’interpretazione dei materiali, sui vari parametri musicali». Rilancia Valerio Scrignoli: «Noi Maledetti abbiamo preso dei frammenti tematici della musica degli Area e lì dentro ci siamo buttati. Lasciandoci andare a quello che ci passava per la testa; molto è improvvisazione e anche il disco è un “live in studio” registrato in sei ore, quasi tutto d’un fiato».

Enrico Merlin (1964) è una delle figure più poliedriche del panorama chitarristico internazionale. Strumentista, scrittore, divulgatore, docente e direttore artistico, è noto per lo spirito non convenzionale dei suoi progetti (dalle produzioni soliste a collettivi come Molester sMiles e Frank Sinapsi), dei suoi saggi (in particolare Miles Davis), dei suoi lavori per il teatro. Valerio Scrignoli (1960) è attivo dagli anni ’80: chitarrista di estrazione jazz ma partecipe e appassionato in progetti “di confine”, dagli anni ’90 è una personalità presente nei principali festival jazz italiani ed europei. Tra le sue collaborazioni, spiccano quelle con Giulio Martino, Carlo Nicita e soprattutto Giovanni Falzone, con il quale ha lavorato in Around Jimi, Led Zeppelin Suite, Requiem Around Requiem e Rossini Barbiere. Dopo alcuni concerti di anteprima e la presentazione al Piccolo Teatro Radio di Meda (MI) il 17 febbraio, Merlin e Scrignoli presenteranno ufficialmente Maledetti giovedì 2 marzo 2017 alle ore 18 in Fondazione Mudima: uno degli spazi culturali milanesi che fu più legato alla figura di Gianni Sassi, fondatore della Cramps che pubblicò tutta la musica degli Area. Sarà un incontro/conferenza, con la partecipazione di Saul Beretta e Donato Zoppo.

Maledetti

[Area Music]:  

  1. Evaporazione
  2. La Mela di Odessa [1920]
  3. Cometa Rossa
  4. Hommage à Violette Nozières
  5. L’Elefante Bianco
  6. Luglio, agosto, settembre (nero)
  7. Vodka Cola
  8. Il Bandito del deserto

Enrico Merlin, Valerio Scrignoli: electric guitars

[playing through Fattoria Mendoza stomp boxes]

Valerio Scrignoli (Milano, 1960) inizia a suonare a 12 anni la chitarra, da autodidatta. Successivamente approfondisce gli studi di chitarra jazz con Gherardo Scarpellini e al CDM di Milano con Filippo Daccò (1986/1987). La sua carriera di musicista professionista inizia negli anni ’90; da allora  collabora con i più importanti musicisti italiani del panorama jazz e suona nei più importanti festival e jazz club italiani ed europei.

Nel 2011 Valerio fa parte del quartetto degli artisti/musicisti JAZZ PLATES che hanno disegnato i piatti in grès prodotti in tiratura limitata da Ceramiche Bucci: insieme a lui Giovanni Falzone (tromba), Paolino Dalla Porta (contrabbasso),  Manhu Roche (batteria). Duratura e significativa è la collaborazione con Falzone: con il quartetto Mosche Elettriche ha inciso nel 2010 il cd Around Jimi (progetto dedicato a Jimi Hendrix e Miles Davis) per l’etichetta CAM JAZZ; dal 2012 suona con la Contemporary Orchestra nei progetti Led Zeppelin suite (di cui esce il disco nel 2016 per Musicamorfosi, l’associazione del milanese con cui collabora dal 2005) e Requiem Around Requiem e Rossini Barbiere.

Ha un trio con Giulio Martino (sax) e Alfredo Laviano (percussioni e batteria) con cui ha inciso Changing Trane (Dodici Lune 2011); nel 2017 è prevista l’uscita del secondo cd, dedicato a Pannonica, la baronessa protettrice di molti musicisti jazz negli anni ’50. Collabora con il flautista Carlo Nicita con il quartetto Orange (con Tito Mangialajo e Matteo Rebulla) e con cui ha un duo di cui uscirà il cd nel 2017. Sempre nel 2017 uscirà il Cd del suo concerto in solo Jesus Christ Superstar per Musicamorfosi: in questo progetto dedicato al celebre musical, emerge prepotentemente l’anima rock di Scrignoli, considerato un chitarrista versatile capace di spaziare dalle sonorità rock a quelle jazz.

Dal 2016 suona con Enrico Merlin, storico della musica e saggista, ma soprattutto altro chitarrista “anomalo” nel panorama del jazz italiano, con cui stabilisce uno speciale rapporto sostenuto dalla conoscenza della musica rock e jazz, di cui entrambi sono accaniti ascoltatori e conoscitori. La collaborazione fra Merlin e Scrignoli sfocia nel progetto Maledetti, dedicato alla musica degli Area (e non solo), rivisitata per due chitarre elettriche.

Enrico Merlin (Milano, 1964) è musicista, compositore, storico della musica del ‘900. In veste di chitarrista e manipolatore sonoro ha partecipato a oltre 40 produzioni discografiche (ad es. con Steven Bernstein, Giorgio Gaslini, Michael Manring, Rova Saxophone Quartet, Markus Stockhausen) e a Festival nazionali ed esteri al fianco di nomi come Carla Bley, Mederic Collignon, Garrison Fewell, Paolo Fresu, Mark Harris, Lee Konitz, Maria Schneider, Giovanni Sollima, Elliott Sharp, John Surman, Steve Swallow, Henry Threadgill.

Nel 2015 e nel 2016 è stato eletto dai lettori di Jazzit tra i 10 migliori chitarristi dell’anno, ha portato il suo solo a Time in Jazz a Berchidda, dove ha condotto «Mediterraneo Digital Project», interagendo con Paolo Fresu, Gianluca Petrella, Debora Petrina, Gavino Murgia e Alessio Bertallot. Tiene con regolarità seminari presso scuole di specializzazione musicale e conservatori nazionali. Nel 2014 entra a far parte del corpo docenti dei Seminari di Nuoro Jazz. Dal 2003 è direttore artistico di NonSoleJazz Festival, ora TrentinoInJazz.

Scrive musica per teatro e documentari, con Andrea Brunello promuove una forma innovativa di interazione tra musica e parola, definita «Jazz Teatrale»; nel 2013 con lo spettacolo Il Principio dell’Incertezza si è esibito per un mese al Fringe Festival di Edimburgo. È stato leader delle formazioni Tiger Dixie Band, Funky Football, Merlin UN-Covered Music Project (selezionato da JazzIt per rappresentare il nuovo Jazz italiano alla Webnotte di Repubblica TV/Radio Capital). Il suo album solista Unframed… Straight Ahead! è stato realizzato grazie al crowdfunding, Frank Sinapsi (ispirato a Frank Sinatra visto come un alieno) è in duo con Francesco Cusa, Social Music con il sestetto Molester sMiles (allegato come disco del bimestre a JazzIt). Nel febbraio del 2017 arriva su disco anche la sua recente collaborazione con Valerio Scrignoli: il duo Maledetti!, incentrato su una originale e “iconoclasta” rilettura degli Area.

Merlin è uno dei massimi esperti internazionali di Miles Davis, negli anni ’90 è stato nominato da Gordon Meltzer discografo ufficiale dell’artista, ha compilato il catalogo commentato delle sue opere edite ed inedite. Nel 1996 al convegno annuale dedicato a Miles (Washington University, St. Louis) ha presentato una teoria relativa all’uso di «frasi in codice» come sistema di conduzione non verbale (intervento adottato nel corso Music E-145, Electronic Music, History and Aesthetics of Popular Music Since the 1960s alla Harvard University Extension School). È stato ideatore e curatore delle mostre multimediali I Suoni di Miles Davis (Veneto Jazz Festival, 2006), Miles Davis, tra visibile e invisibile (Clusone Jazz, 2009) e Kind of Miles (Teatri di Reggio Emilia, 2011). Con Veniero Rizzardi ha pubblicato Bitches Brew. Genesi del capolavoro di Miles Davis (Il Saggiatore, 2009). Altro suo testo di riferimento è 1000 dischi per un secolo. 1900-2000 (Il Saggiatore, 2012).

MALEDETTI:

Intervista a Merlin e Scrignoli

A bruciapelo: perchè la musica degli Area era – ed è – “galattica”?

Merlin: “Galattica” è un aggettivo che ci è stato appellato dal nostro produttore, Saul Beretta, dopo aver sentito come manipolavamo quel materiale musicale. Ci sta per diversi motivi, lo spazio, la Kosmische Musik, la componente scientifica, perfino la fantascienza, hanno sempre avuto un addentellato stretto con la psichedelia. E certamente con Valerio, spesso ci spingiamo in territori che a quell’estetica, onirica e spaziale, si rifanno.

Scrignoli: La galassia è un insieme composto da stelle, gas e polveri. Qualcosa che sta lassù, che ci affascina e che ancora ha tanti segreti da scoprire. Gli Area sono stati una galassia nel panorama musicale italiano, un mix unico e irripetibile di materia musicale. Nella quale io e Enrico – come due scienziati pazzi – ci siamo tuffati per tentare di scoprirne i segreti.

Tra Led Zeppelin e Miles Davis, non siete nuovi nell’arte della rivisitazione. Quale “chiave di lettura” avete adottato nell’affrontare il repertorio Area?

Merlin: Inizialmente, quando Viviana Bucci di Musicamorfosi ci aveva proposto di affrontare il repertorio degli Area, ho pensato che fosse una follia. Musica in cui gli elementi improvvisativi erano generati o strettamente collegati a composizioni molto strutturate, complesse, ricchi di polimetrie e multiritmie. Ci abbiamo lavorato un po’ su, e come per gli altri repertori “sacri” siamo riusciti (credo) a trovare una via alternativa all’interpretazione dei materiali, sui vari parametri musicali.                                                                     

Scrignoli: E’ un caso diverso da altri progetti in cui sono stato coinvolto, mi riferisco ad esempio a quelli di Giovanni Falzone con cui ho l’onore di collaborare da anni. La sua è scrittura, sapiente composizione. Giovanni ha riletto magistralmente i Led Zeppelin, Miles ma anche Verdi e Rossini in chiave jazz rock. Noi Maledetti abbiamo preso dei frammenti tematici della musica degli Area e lì dentro ci siamo buttati. Lasciandoci andare a quello che ci passava per la testa; molto è improvvisazione e anche il disco è un “live in studio” registrato in sei ore, quasi tutto d’un fiato.

Maledetti contiene brani diversi per annata, provenienti da album diversi, differenti anche per scrittura, contenuti ed esecuzione, tanto per fare un esempio pensiamo a Luglio, agosto, settembre (nero) e Vodka Cola. Se volessimo trovare un filo conduttore che lega i brani, quale sarebbe?

Merlin: Ecco, la scelta del repertorio è stata determinata proprio dal tipo di approccio interpretativo. In parte i brani che ci piacevano sin da ragazzi, ma anche quelli che permettevano di essere meglio manipolati secondo la nostra estetica.

Scrignoli: Non c’è un filo conduttore. Abbiamo lasciato che la selezione fosse “naturale” per tornare ai termini della scienza… Anche qui la scelta è venuta da sola, forse sono i brani che hanno scelto noi!

Siete entrambi degli improvvisatori e la musica degli Area ha attinto molto dalla “composizione estemporanea”, sempre in chiave originale (pensiamo a Caos Parte Seconda). È stato così anche per voi in Maledetti?

Merlin: Per noi è stato molto importante provare a raccontare come queste composizioni siano senza tempo, e attraverso il nostro intreccio chitarristico, l’improvvisazione non è solo espediente narrativo, ma anche sostanza intrinseca del fare.

Scrignoli: Si certamente. L’improvvisazione è “composizione estemporanea”.

Tre pezzi del disco provengono dall’ultimo album degli Area con Demetrio Stratos, ovvero 1978 Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano. Disco nel quale la chitarra di Tofani era assente…

Merlin: Questo, a maggior ragione, dovrebbe già raccontare come i riferimenti all’originale siano per noi davvero poco importanti. Ovvero, lo sono come forma di rispetto, ma tutto avremmo voluto tranne che fare la “cover band” degli Area. Lo stesso tipo di operazione, come precedentemente sottolineato, lo abbiamo infatti utilizzato rispettivamente anche con Miles Davis e i Led Zeppelin, ma si potrebbe fare anche con Derek Bailey, i Beatles o Stravinskij.

Scrignoli: Quello a mio parere è uno degli album più jazz, nonostante non ci fosse la chitarra di Tofani. E in fondo, anche se sia io che Enrico non amiamo troppo le etichettature stilistiche, il jazz è il mondo da dove entrambi proveniamo.

Entrambi avete praticato e praticate jazz – in forme anomale e molto personali: che tipo di elementi jazz avete trovato nella musica degli Area?

Merlin: Elasticità ritmica, improvvisazione di carattere armonico, melodico e timbrico… Provare una forma di “what if”, partendo da lì è per me sempre una sfida interessante.

Scrignoli: La musica degli Area è stata una musica di incontro, fra i primi esempi in Italia (e non solo) fra jazz, etnica, elettronica… Per quanto mi riguarda questa dovrebbe essere la vera anima del jazz. Senza barriere, sempre aperta al nuovo. Purtroppo spesso non è così e spesso il jazz tende a rinchiudersi nel suo “genere” con un ottuso orgoglio che non condivido assolutamente.

A proposito di assenze: Area senza la voce/strumento di Demetrio è per molti inconcepibile. Per voi?

Merlin: Chiunque riproponesse il repertorio degli Area con un cantante si metterebbe in una posizione davvero scomoda. L’opzione “coverismo” sarebbe dietro l’angolo ad ogni battuta. Ma sarebbe come Demetrio avesse voluto registrare un “tributo” a Leon Thomas… Solo se lo espliciti nella forma di “tributo a…”, puoi provare a non uscirne con le ossa rotte, da un punto di vista artistico.

Scrignoli: L’approccio che abbiamo avuto in questo progetto ha la presunzione di essere “rivoluzionario”. Per rendere un omaggio non solo musicale ma soprattutto culturale a questo grande gruppo italiano. Intervenendo con una nostra personale rilettura che ne rispettasse l’anima oltre che le note. Demetrio manca, e anche tanto. Ma qualche volta torna giù e si infila fra le corde delle nostre chitarre, ne siamo certi!

Un vostro parere sul chitarrismo del collega: ovvero Enrico cosa pensa di Valerio e Valerio cosa pensa di Enrico…

Merlin: Per me Valerio è uno più forti chitarristi in Italia. Lui SA! Sia che si muova nel contesto del linguaggio mainstream, sia che si spinga nei territori dell’informale rimane sempre coerente ed efficace,. E in più suona con il cuore in mano, qualità, che mi spiace dirlo, non è di molti (pur tecnicamente fortissimi) musicisti in questo scorcio di XXI secolo.

Scrignoli: Enrico è un musicista straordinario che trae la sua unicità e originalità dalla sua esperienza d’ascolto e dalla sua conoscenza. Questo gli dà una libertà unica e gli permette di confrontarsi, con energia e sicurezza, con ogni tipo di musica. È un vero creativo, con lui niente è banale. Sono veramente fiero di questo progetto con lui; per me è stato motivo di crescita e sono sicuro che lo sarà ancora.

Nel riascolto degli originali, cosa vi ha colpito di più della musica degli Area? Ancora oggi si discute se sia progressive, world music, jazz-rock o altro…

Merlin: Chi continua – ancora oggi – a voler incorniciare gli stili musicali, ha perso il treno della contemporaneità, e la memoria del quindicesimo secolo, ah ah ah…

Scrignoli: Riascoltare oggi la loro musica è come ascoltare una cosa NUOVA. Nel panorama odierno direi NUOVISSIMA. Mi colpisce sempre la loro freschezza al di là della collocazione di genere. Sono affari di cui non mi occupo.

Maledetti! La memoria del ventesimo secolo

Abbiamo perso. Maledetti. Abbiamo perso la memoria la memoria del ventesimo secolo. Venti. Ventesimo il abbiamo secolo perso. Perso il memorio secolo abbiamo secolo venti. Abbiamo perso la pappetta pappina pappona. Abbiamo. Ventesimo secolo. Ladies and gentlemen.

È Demetrio che parla. È già evaporato? Maledetti! Giocare col mondo (degli Area) facendolo a pezzi (otto temi). Enrico e Valerio. Bambini che il sole ha ridotto già vecchi. Gli occhiali. Fuori dalla strada comune. Dove il centro è sul margine. Niente più cover band. Sono troppe. Tre chitarre. Tricantano elettriche il mondo. Chitarre e pedali. Delay (chitarre tricantano ancora) e reverse (arocna onatnacirt erratihc). Macchine. Suonare la voce. Senza voce. Suonare. I devoti di Demetra. La musica nasce a Est. Dare voce agli oggetti col suono. Il corpo a colpi di corde sul volto. Con il suono delle dita che ti spara sulla faccia. Come parole che raccontano note. Come?

Girano in loop. Girano in loop. Girano in loop. Giro giro sempre in tondo. Le parole sono gabbie. Le note sono voci di un mondo lontano. Vicino. Presente. Che irrompe e disturba. Irritante. Occhi e labbra in tensione. Frastuono poi piano. Rassicuranti riprese che ripetono un tema ormai noto ma già leggermente cambiato. Con il suono sulle dita che si spara sulla faccia. In piedi e seduti. In piedi non legge. Sorride. Abolire la parola che t’incastra nello stile. Ai confini delle note (canzoni). Non conosco le note. Le mie band sono cover. Maledetti.

Mi hanno strappato le cuffie. Ora posso ascoltare. Scopro lo spazio percorso da voci. Niente più differenze tra musica e vita. Fuori dalla strada comune. Perché il centro è sul margine. Gli occhi azzurro pallido da angeli in esilio. Maledetti. La stagione all’inferno è finita. I fratelli di Persefone hanno illuminazioni. “Questo mi piace, perché sembra che non sappiamo suonare”. Sprezzatura. Mondi. Mondi nei mondi che fondono i tempi. Stratificazioni. Memorie. Echi a brandelli. Ancora riprese. Area di famiglia senza più famiglia. Bond Marley. Sessanta in Settanta. Settanta in Duemila. How many Miles to Heaven? Ricostruire il muro del suono con l’Internazionale. Abbiamo perso. Maledetti. Abbiamo perso la memoria del ventesimo secolo. Il ventesimo secolo? Non si ricorda un concerto a parole.

Emilio Mazza, Milano,

febbraio 2017

Info:

Musicamorfosi: www.musicamorfosi.it

www.musicamorfosi.it/maledetti/

Per gentile concessione di  

Synpress44 ufficio stampa:

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