Intervista ad Alessandro Staiti autore del saggio “In The Court Of The Crimson King”

alessandro-staiti-In-the-court-389x550Il nuovo libro di Alessandro Staiti approfondisce la genesi e l’influenza futura del primo capolavoro dei Re Cremisi

In The Court Of The Crimson King” inaugura una nuova era del rock non solo per un uso creativo e inedito del mellotron, ma anche perché è con questo lavoro che giungono – finalmente – sonorità originali, destinate a resistere al tempo ed alle evoluzioni dello stesso rock. I King Crimson traggono dalla musica jazz e dal folk la propria ispirazione compositiva che li rende unici nel panorama del rock progressive nonostante, proprio nel tempo, la formazione sarà destinata a continui cambi di line-up.
Alessandro Staiti con il suo interessante volume, “IN THE COURT OF THE CRIMSON KING“, ripercorre anno dopo anno, episodio dopo episodio, le vicende artistiche ma anche umane dei componenti originari della band fino alla nascita dei King Crimson, alla registrazione del disco e al tour americano che provoca il dissolvimento di quella incredibile ed unica esperienza destinata a lasciare un segno indelebile in tutto il rock, anche in quello che verrà. Un libro da leggere assolutamente … e non solo dai prognomani.
Ma chi è Alessandro Staiti? Nato a Roma dove si è laureato in Storia della Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea e poi specializzato in Comunicazione e Organizzazione Istituzionale con tecnologie avanzate, è giornalista pubblicista dal 1981; dal 1986 al 1994 ha collaborato con il settimanale musicale “Ciao 2001” e per lo stesso gruppo editoriale è stato direttore della rivista “Esoterica”, caposervizio delle pagine “Cultura” e “Sesso&Salute” del quotidiano nazionale “Quigiovani” e autore di instant book su Sting, a-ha, e Peter Gabriel. Ha pubblicato i saggi “Robert Fripp & King Crimson” (Lato Side, 1982), il primo libro al mondo sul grande chitarrista e “In The Court Of The Crimson King” (Arcana, 2016) la prima monografia in Italia sulla nascita della band che ha cambiato la storia del Rock. Opinionista sportivo in radio e TV, collaboratore di “Classic Rock”, Staiti è caporedattore delle sezioni Sport e Musica di MP News.
Lo abbiamo contattato per quattro chiacchiere sul suo ultimo lavoro e ne è nata questa interessante intervista.

Raffaele Astore: “In the court of the Crimson King” è il titolo del tuo ultimo libro dedicato ad uno dei dischi che hanno fatto epoca e non solo nel rock. Tu sei praticamente una sorta di costola italiana crimsoniana, come nasce in te questa passione?

Alessandro Staiti: Costola italiana mi sembra un termine inappropriato – è una cosa troppo grande per me. Ho una profonda passione per i King Crimson, rispetto e ammirazione nei confronti di Robert Fripp. La mia passione nasce ascoltando ITCOTCK, come racconto con più particolari nel primo capitolo del mio libro, “Significative coincidenze”. Una passione che ha cambiato il corso della mia vita. Il mio rispetto per Robert Fripp nasce dall’averlo conosciuto e frequentato di persona.

Raffaele Astore: Riguardando in sintesi tutti i lavori della band seguiti a questo capolavoro possiamo affermare che i Crimson non hanno poi saputo riproporre altri capolavori? Spero che adesso i crimsoniani non me ne vogliano, ma volevo chiederti se tu sei d’accordo sul fatto che In the Court è l’unico capolavoro realizzato dal Re Cremisi.

Alessandro Staiti: Sono d’accordo che ITCOTKC sia un capolavoro assoluto e in quanto tale irripetibile. Ma porre i lavori venuti dopo in competizione con ITCOTCK mi sembra sleale. Il primo album dei KC nasce in un momento particolare e va contestualizzato nel tempo e nello spazio. Proviamo a immaginare per un momento se il 10 ottobre 1969 fosse stato pubblicato Larks’ o Red come primo album dei KC. Che avremmo detto ora? E come sarebbe stato accolto allora? Purtroppo la line-up originale si sciolse quasi subito, un vero peccato, chissà cosa avrebbero potuto fare quei KC se fossero rimasti ancora insieme. Ecco perché mi viene difficile fare un paragone tra ITCOTCK e i dischi successivi. Il primo album è un capolavoro assoluto, ma credo che LTIA, Red, Discipline non siano da meno. Certamente, ITCOTCK ha il vantaggio di essere stato il primo e l’unico con quella line-up.

Raffaele Astore: Quali sono le maggiori influenze sulla musica crimsoniana degli esordi?

Alessandro Staiti: La provenienza e la formazione musicale così eterogenea di ognuno dei cinque componenti della band ha creato qualcosa di innovativo e totalmente inaspettato. Mi piace risponderti con le parole di Greg Lake che riporto nel mio libro: “La musica dei King Crimson originali non era influenzata dal blues, dalla musica americana come il soul, il gospel, il country & western, come lo era stato tutto il rock’n’roll fino a quel momento (…) Noi scegliemmo le nostre influenze nella musica europea, che era sì classica, medievale e folk, ma certamente europea. Robert, Ian e io avevamo tutti studiato la musica europea. La comprendevamo. Suonavamo Django Reinhardt e gli esercizi di Paganini e così via. Mentre incidevamo il primo album, ci sentivamo davvero come un gruppo. Sapevamo che la chimica era insolita e ce ne accorgevamo perché dal vivo scioccavamo letteralmente la gente”. Quindi influenze europee, senza strizzare l’occhio agli USA, come era stato fatto fino a quel momento…

Raffaele Astore: “In The Court Of The Crimson King”, che è anche la loro prima produzione, è rimasto di sicuro come il lavoro più leggendario della band. Secondo te quali sono le peculiarità che lo portano ad essere definito una “pietra miliare” della storia del rock?

Alessandro Staiti: L’assoluta novità che ha rappresentato nel panorama rock dei fine Sessanta era dovuta essenzialmente a quanto dicevamo poco prima rispetto alle influenze europee, all’utilizzo come protagonista di uno strumento come il Mellotron, all’energia esplosiva (che nel disco si avverte molto meno di quanto si potesse fare dal vivo, come raccontano gli annali dell’epoca), all’approccio completamente diverso all’industria discografica e ai concerti. Potrei continuare elencando tante altre peculiarità. Per quanto mi riguarda, però, credo che su tutte ve ne sia una fondamentale: la proposta tangibile di un modo differente di percepire l’intangibile. La musica di ITCOTKC apre una porta a nuove percezioni e nuove impressioni. Questo lo rende unico.

Raffaele Astore: Ian McDonald è stato probabilmente l’unico musicista in grado di controllare la leadership di Fripp. Tra l’altro fu anche autore di diversi brani di quel primo album che ha fatto storia. Secondo te perchéIan decise di lasciare la band? Non ti sembra un po’ strana questa sua decisione?

Alessandro Staiti: Questa della leadership di Fripp è una vera e propria leggenda creata da tanta cattiva stampa. Cattiva perché non ha parlato con i protagonisti e si è basata sui pettegolezzi, riportati anche inaccuratamente. Come diceva Lake qualche riga più sopra, QUEI King Crimson durante l’incisione di ITCOTCK avevano la consapevolezza di essere un gruppo. Ma erano anche tutti giovani con poco più di vent’anni sulle spalle e l’impatto improvviso con l’enorme successo misto al tour negli USA e a questioni sentimentali di McDonald e Giles erose quell’unione. McDonald, lo riconosce tutt’oggi lo stesso Fripp, ha un talento compositivo unico, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto melodico, che insieme ai testi di Sinfield diventa straordinario. Fripp subisce la decisione di McDonald e di Giles di abbandonare il KC, non la provoca. E suggerisco di prestare molta più attenzione al contributo di Sinfield, anche dal punto di vista compositivo. Le sue parole sono essenziali a creare atmosfere come quelle di I Talk To The Wind e The Court Of The Crimson King. Ho incontrato personalmente Mc Donald a Firenze nel 2003 in occasione di un concerto della 21st Century Schizoid Band e gli ho chiesto se si fosse reso conto – quando decise di abbandonare – di quanto grande fosse quello che avevano realizzato come King Crimson. Con un profondo velo di tristezza negli occhi mi confessò di no. Non se ne era reso conto. Per questo lasciò. Se fosse stato consapevole di quel che i King Crimson stavano realizzando non lo avrebbe fatto. Nel mio libro vado a fondo su questa questione.

Raffaele Astore: Giuseppe Stabile in una recensione scritta su Psycanprog afferma che “In the Court of the Crimson King” viene generalmente indicato come inizio formale e manifesto fondativo del progressive-rock. Fripp ha spesso citato il ’69 come anno “magico” riguardo allo sviluppo musicale sia personale sia degli stessi Crimson. Cerchiamo un po’ di far chiarezza?

Alessandro Staiti: Ho letto la bella recensione di Stabile su Psycanprog e la cito nel mio libro: ha perfettamente ragione, a mio avviso, quando individua la collocazione temporale di ITCOTCK coincidente con il concerto di Woodstock, la fine di un’era e l’inizio di un’altra. Vero, i KC vengono individuati come i fondatori del Prog, ma loro malgrado. Nessuno dei suoi componenti si è trovato a suo agio con questa etichetta e gli stessi KC da LTIA in poi hanno ampiamente dimostrato di non volersi crogiolare in questioni di stile, ma di voler sempre sperimentare nuovi approcci, di voler percorrere strade impervie e pericolose musicalmente parlando. Fripp si riferisce spesso alla Fata Buona nel 1969 perché il contatto con la Musica dischiuse in lui le porte di percezioni sottili, e senza mai aver fatto uso di droghe. Come scrive lo stesso Fripp: “La musica si chinò su di noi e ci diede fiducia. I King Crimson sono stati la mia iniziazione al magico mondo del suonare la musica che poi prende vita da sola, nel momento in cui la suoniamo”. La ricerca costante di Fripp, in futuro, sarà quella di mettersi nelle giuste condizioni per ricevere la Musica. Di essere nella condizione di vuoto dello Zen, se vuoi, ma in ogni tradizione vi è questa nozione. Nel Cristianesimo la Grazia può essere ricevuta come dono, ma bisogna rendersi disponibili a riceverla. Non si può far nulla, se non mettersi nelle condizioni per riceverla.

Raffaele Astore: Nel tuo libro racconti che tutti coloro che hanno assistito almeno una volta ai concerti dei King Crimson, almeno quelli dagli anni ottanta in poi, sanno che durante la performance vige lo strettissimo divieto di scattare foto, filmare o registrare. A me è capitato in un concerto di Lou Reed che ha addirittura abbandonato il palco per rientravi dopo un’ora a condizione che fossero spente tutte le apparecchiature elettroniche del pubblico. Di certo non ne possiamo farne una colpa, anzi. Ecco, secondo te, anche questo è diventato cambiamento musicale per i live o è solo una questione di diritti d’immagine?

Alessandro Staiti: I diritti di immagine sono una piccola componente dell’intera questione. Le foto con il flash disturbano sia l’artista che il pubblico. Da quando sono stati introdotti gli smartphone poi assistere a un concerto è diventato un’impresa: vedi solo persone che scattano foto e fanno video. Questo è il modo di fruire la musica? Non credo. Essere continuamente mediati dalla tecnologia nel nostro rapporto con la realtà – e i concerti sono solo un aspetto – è un grosso problema dei tempi che viviamo. Un problema più grande di quanto possiamo immaginare. E ti parlo da entusiasta delle innovazioni tecnologiche. Il problema è sempre l’uso che ne viene fatto.

Raffaele Astore: Spesso, si accosta il nome King Crimson a quello Fripp; in realtà non è così. Ma tu che hai vissuto in prima persona l’evoluzione della storia crimsoniana, cosa sono davvero i Crimson?

Alessandro Staiti: Prendo in prestito la storica definizione di Fripp quando definisce i King Crimson “un modo di fare le cose”. Un modo, aggiungerei, molto diverso e riconoscibile al primo impatto. È normale che si accosti il nome dei KC a quello di RF, anche perché non sono mai esistiti i King Crimson senza Robert Fripp. Ma King Crimson è un’entità che vive di vita propria e si incarna in differenti musicisti quando arriva il momento di suonare musica che solo il Re può suonare. Fripp è lo strumento attraverso il quale King Crimson si manifesta di volta in volta in differenti incarnazioni.

Raffaele Astore: Dal tuo libro viene fuori che Fripp ha una fata buona? Ci spieghi questo suo dire? E tu, hai una fata buona che ti ha portato ad essere così vicino a così tanto mito?

Alessandro Staiti: Ho detto poco prima della Fata Buona di Robert. Sì, anche io ho la mia Fata Buona, e forse è amica da sempre di quella dei King Crimson, per questo mi ha messo in contatto con loro. Sto parlando per metafore e con il sorriso sulle labbra. Potremmo spiegarlo anche con altre parole, ma sicuramente l’ascolto di ITCOTCK mi ha messo in contatto con un mondo di percezioni che prima mi era sconosciuto. Posso dirlo senza ombra di dubbio, per questo ha cambiato il corso della mia vita. Ha cambiato il mio modo di percepire la realtà, e dunque ha cambiato il mio mondo.

Raffaele Astore: La provenienza dei componenti dei Crimson che realizzeranno “In the Court” è abbastanza variegata; di Fripp tu scrivi che la sua è una personalità complessa. Dove è realmente questa sua complessità? Come pensi che tale personalità si sia poi riversata su tutta la musica crimsoniana?

Alessandro Staiti: Ho detto prima dell’eterogeneità della formazione e delle personalità della prima line-up dei KC. Nel libro racconto della complessità della personalità di Fripp fin dai primi anni, basandomi su aneddoti e fati raccontati da persone a lui vicine. Inevitabilmente la sua personalità ha avuto un influsso sulla musica dei KC. Secondo te la chitarra di Fripp non si riconosce fin dalla prima nota? Per me sì. In cosa consista tale complessità non so e non posso spiegarlo. Una cosa è certa: ha sempre avuto a cuore le sorti della band, fin da quando ebbe un vuoto allo stomaco alla comunicazione dell’abbandono da parte di McDonald e Giles. Per lui i KC erano tutto in quel momento. Non per chi se ne andò.

Raffaele Astore: Fripp e Sinfield, testa e croce della stessa medaglia o altro?

Alessandro Staiti: Una felice e creativa collaborazione che ha portato a splendidi lavori come In The Wake Of Poseidon, Lizard e Islands. Il binomio si instaura con lo sfaldamento della prima line-up.

Raffaele Astore: Greg Lake…

Alessandro Staiti: La prima volta che ho incontrato di persona Lake è stato a Roma negli anni ottanta, quando aveva intrapreso la carriera solista in un momento di pausa degli EL&P: ricordo ancora la conferenza stampa con risposte piuttosto arroganti e sarcastiche. Non ne ebbi un’ottima impressione, inizialmente. Poi l’ho incontrato nuovamente, sempre a Roma il 1° dicembre 2012 in occasione del suo show Songs Of A Lifetime. In concerto oltre ai brani che avevano segnato la sua adolescenza e la sua formazione come musicista, eseguì naturalmente anche tutte le canzoni del primo album dei King Crimson, eccetto Moonchild. Avevo fatto un’intervista telefonica prima dello show e mi invitò a raggiungerlo dopo lo spettacolo nel backstage. Per puro caso mi trovai ad assistere al concerto assieme alla sua compagna, me ne accorsi quando insieme ci ritrovammo nel camerino di Greg. Lake mi fece ammirare tutte le chitarre e i bassi che portava con sé in tour e parlammo ancora della nascita dei KC e di ITCOTCK. La mia impressione in quell’occasione fu molto differente dalla prima volta: Greg era ora una persona educata, affabile e disponibile nel rispondere a tutte le mie domande, fu contento che scattassi una foto assieme a lui. Avevo ascoltato la sua splendida voce centinaia e centinaia di volte nei dischi dei King Crimson e degli Emerson, Lake & Palmer, ora era molto cambiata: più sulle tonalità basse, meno brillante e cristallina, ma sempre una gran voce. Le basi registrate sulle quali si esibì imbracciando a turno basso o chitarra tuttavia non resero la giusta atmosfera per quei brani. Anche il suo aspetto era molto cambiato, molto ingrassato, anzi gonfio. Fui molto felice di incontrarlo, anche se quello spettacolo in solitaria mi lasciò una leggera vena di tristezza.

Raffaele Astore: Sono gli anni in cui c’è tutto un fervore prog e non solo, Jethro Tull, Moody Blues, Rolling Stones, tutte sfaccettature diverse del rock in genere. Addirittura Pete Towshend degli Who, definì In The Court «un capolavoro sbalorditivo». Secondo te che influenza ha avuto il disco sulle formazioni non prettamente prog?

Alessandro Staiti: Ha avuto un’influenza molto più profonda di quanto si possa immaginare: ha formato intere generazioni di musicisti prog e non, tra i quali i primissimi Genesis. Red viene citato da Kurt Cobain come una delle sue principali influenze. Non tralascerei i Tool, e molte altre band math rock, post grunge e chissà quante altre.

Raffaele Astore: Nel tuo recente lavoro “In The Court Of The Crimson King”,affermi che i King Crimson vogliono essere se stessi, non vogliono essere soggiogati dalle manipolazioni dell’industria discografica, vogliono conservare la propria libertà creativa. Quanto ci son riusciti in questo? E come lo han fatto?

Alessandro Staiti: ITCOTCK fu totalmente innovativo non solo a livello musicale, ma anche di grafica e di marketing. La copertina, doppia invece che singola, oltre al faccione urlante non presentava un solo riferimento testuale al suo esterno, neanche sul dorso. La gente lo acquistava a scatola chiusa. Fu il primo disco nel mondo del rock a non cedere i diritti d’autore alla casa discografica, la Island di Muff Windows per l’esattezza, grazie al management innovativo di Enthoven e Gaydon. Una pratica sconosciuta e rivoluzionaria per l’epoca. Inoltre rifiutarono senza alcuna esitazione il produttore che gli aveva inizialmente imposto la Decca (Giles, Giles & Fripp avevano ancora obblighi contrattuali con la label famosa tra l’altro per non aver capito il talento dei Beatles), e si autoprodussero. Un gruppo di cinque persone poco più che ventenni che si autoproduce e realizza un capolavoro. Non è un particolare da sottacere. Anche in futuro i KC, e soprattutto Fripp con la Discipline Global Mobile, seguiranno la strada dell’indipendenza dalla casa discografica: ne è testimonianza la lunga battaglia legale intrapresa da Fripp negli anni novanta per rientrare in possesso di tutto il catalogo dei King Crimson.

Raffaele Astore: Ultima domanda: un consiglio sul perché leggere“In The Court Of The Crimson King” di Alessandro Staiti.

Alessandro Staiti: Perché è il primo libro in lingua italiana che si addentra nei particolari della nascita del gruppo e della creazione di ITCOTCK riportando con quanta più precisione possibile tutte le fonti, in particolare il diario di RF, per ricostruire una storia appassionata e affascinante. I più bei commenti che ho ricevuto da chi ha letto il libro riguardano la completezza del mio lavoro e la passione con la quale è stato scritto. Il mio scopo era scriverlo per me stesso. Volevo fare un lavoro che mi soddisfacesse in pieno, non come il primo libro Robert Fripp & King Crimson che, però, scrissi a soli ventidue anni. Credo di esserci riuscito, perché i commenti che ricevo sono tutti concordi nel riconoscerlo: anche chi non sa nulla della band lo ha letto appassionandosi alla storia che racconto. Vorrei aggiungere un particolare commento di un lettore: “quel che emerge dalla lettura di questo libro è l’amore con il quale è stato scritto”. È il commento che più mi ha ripagato del lavoro che ho svolto.

Per chiudere: si consiglia vivamente la lettura di questo “saggio” di Staiti; ne vale la pena se si vuole approfondire un passaggio fondamentale per il progressive …… e non solo!

Intervista realizzata per www.psycanprog.com

 

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