Area: Gli Dei se ne vanno gli arrabbiati restano

AREAIl 1977 rappresenta per gli Area una verifica essenziale di cinque lunghi anni di carriera.
Tuttavia, il clima incandescente instauratosi dopo il disastro del Parco Lambro ’76 e la nascita di nuovi attriti artistici nel quintetto, vi provocarono almeno due cambiamenti notevoli: l’uscita dal gruppo di Tofani, desideroso di un nuovo appiglio spirituale e di nuove musicalità e l’abbandono della storica discografica Cramps a vantaggio della Ascolto, etichetta quest’ultima della patron Caterina Caselli.

Gli Area perdevano quindi da un lato, il loro geniale manipolatore elettronico e dall’altro, la collaborazione di Gianni Sassi e, anche se il solo Demetrio continuò a lavorare da solista con la Cramps. Il marchio “Area” però, faceva ormai parte di una nuova scuderia.

Il nuovo ingaggio venne comunque soppesato e accettato con molta attenzione: al quartetto sarebbe stata garantita non solo la massima libertà espressiva ma finalmente, anche una buona retribuzione.
Per contro, il gruppo dovette rapidamente imparare a gestirsi quasi totalmente da solo: musiche, testi e concept e per facilitare questo compito, si avvalse dello scrittore situazionista Gianni Emilio Simonetti, che aveva già ai suoi tempi collaborato con Sassi ed era assistente di Demetrio nelle sue ricerche vocali.

Arriva così il nuovo disco: “1978; gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!”, registrato da Allan Goldberg agli Sciascia Sound di Milano, che si rivelò allo stesso tempo l’apertura di una nuova fase artistica e pochi mesi dopo, un inatteso canto del cigno.

Purtroppo il 30 marzo del 1979 venne diagnosticata a Stratos un’aplasia midollare (o “talassemia mediterranea” come riferirono ai tempi alcuni media) ed il 2 aprile venne ricoverato al Policlinico di Milano ma, vista l’impossibilità di curarlo, fu trasferito al Memorial Hospital di New York dove morì il 13 giugno, poco prima di quello che avrebbe dovuto essere l’intervento risolutore.

A nulla valse il concerto all’Arena di Milano (14/6/79) organizzato da Gianni Sassi per raccogliere fondi per l’operazione.

L’ultima fatica degli Area però, non è da leggersi con spirito malinconico, anzi: “Gli Dei se ne vanno…” fu l’ennesima dimostrazione che anche senza Sassi, la band fu perfettamente in grado di produrre brani di enorme consapevolezza sociale e musicalmente al passo con i tempi.

Sin dal suo titolo degno di un classico della letteraura, l’album rifletteva perfettamente la storia degli ultimi 10 anni: è vero che il ’68 non aveva mantenuto le sue promesse aprendo l’epopea dell’individualismo ma, anziche disilludersi sul potere delle rivoluzioni, rinnegarne la forza critica e rifugiarsi nell’establishment, occorreva immediatamente trovare una nuova linfa propulsiva attraverso l’impegno e la militanza.

Ecco che allora il disco ci offre una splendida serie di soggettività dense di umanità ed energia.
Si parla di Shànfara, poeta e fuorilegge dell’Arabia pagana che si muove in mezzo agli sciacalli delle sabbie (“Il bandito del deserto”); della parricida Violette Noziere che i surrealisti elevarono a simbolo dell’antiautoritarismo familiare (“Hommage a Violette Nozieres”); delle pletore di spettatori ingabbiati dalle centinaia di Festival popolari non capendo che “non serve desiderare uno spazio immaginario, ma occorre essere spettatori di se stessi” (“Festa farina e forca”).
Infine, svettano come icebergs le suggestive atmosfere di “Acrostico in memoria di Laio” e soprattutto della struggente e conclusiva “Vodka Cola”.

Acrostico” fu la dimostrazione che l’ironia aveva preso il posto della proverbiale aggessività degli Area, liberandosi così dai rigidi intellettualismi in cui si stava asserragliando la post-controcultura: “una generazione di sconfitti che ha dato i suoi figli in pasto alle belve”. (Fariselli)
Vodka Cola”, tratta dall’omonimo libro di Charles Lewinson, fu invece probabilmente la canzone più moderna dell’album: “una struttura musicale in bilico tra ironia e divertissement, cui fa da controcanto un’idea concettuale che precorre gli attualissimi temi della globalizzazione” (cfr. Domenico Coduto :”Il libro degli Area”, Auditorium, Milano, 2005).

Di fatto, è davvero incredibile pensare come nel 1978 un artista rock potesse essere così lungimirante rispetto a certi segnali d’allarme:

1) le banche dell’area liberale hanno filiali nei paesi comunisti.

2) I paesi comunisti affittano i loro lavoratori a bassissimi salari e senza diritto di sciopero alle multinazionali. 

3) L’economia liberalcapitalista sorregge quella socialcomunista con un flusso continuo di credito agevolato.
Tutto ciò nel ’78…
A quel punto gli Area non solo dissero: “noi non berremo questo cocktail”, ma reagirono con decisione avviando un percorso artistico totalmente rinnovato: jazz, apparizioni televisive e un più libero sviluppo delle proprie personalità individuali a partire dalle singole progettualità.

Poi, la storia ce li ha portati via.

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